Ep. sette | Serena Daniele porta “Lincoln nel bardo”
«Vi prego non equivocate. Eravamo stati madri, padri. Eravamo stati mariti per molti anni, uomini importanti, che erano giunti qui, in quel primo giorno, accompagnati da folle così immense e affrante che, ondeggiando per udire l’orazione, avevano danneggiato le siepi senza rimedio. Eravamo stati madri, dirottate qui durante il parto, private della nostra soavità dal nudo dolore di quella circostanza, che si lasciavano dietro mariti innamorati, così tormentati dall’orrore di quegli ultimi istanti (il pensiero che il dolore ci aveva precipitato in quell’orribile buco nero separandoci da noi stesse) da non essere più riusciti ad amare. Eravamo stati uomini atticciati, tranquilli e appagati che, nella prima gioventù, si erano resi conto della loro normalità e avevano, allegramente (come accettando perplessi un pesante fardello), trovato un altro scopo nella vita; non potendo essere eccezionali, ci saremmo resi utili; saremmo stati ricchi, magnanimi, e dunque in grado di fare il bene; sorridenti, mani in tasca, contemplavamo il mondo che avevamo reso un po’ migliore lungo il cammino (riempiendo il baule di una sposa; pagando in segreto gli studi a qualcuno). Eravamo stati domestici affabili, scherzosi, a cui i padroni si erano affezionati grazie alle parole d’incoraggiamento che rivolgevamo loro mentre muovevano incontro a giorni densi d’importanza. Eravamo stati nonne, schiette e pazienti, destinatarie di oscuri segreti, che, grazie alla capacità di ascoltare senza giudicare, concedevano un tacito perdono, lasciando così entrare il sole. Con questo voglio dire che eravamo stati notevoli. Eravamo stati amati. Non soli, perduti, stravaganti, ma saggi, ognuno a modo proprio. La nostra dipartita aveva causato dolore. Quelli che ci avevano amato sedevano sul letto con la testa fra le mani; abbassavano la faccia sul tavolo, emettendo versi animaleschi. Eravamo stati amati, ripeto, e ricordandoci, anche a molti anni di distanza, le persone sorridevano, allietate per un attimo da quelle memorie.reverendo everly thomasEppure.roger bevins IIIEppure mai nessuno era venuto qui a prenderci tra le braccia, parlandoci con tanta tenerezza.hans vollmanMai.roger bevins III»Questo era un estratto di Lincoln nel bardo di Georges Saunders. È il 1862 e Abraham Lincoln si ritrova a dover affrontare due guerre: quella civile e quella interiore. Willie Lincoln, figlio di undici anni del presidente degli Stati Uniti si ammala gravemente e muore e da quel momento in poi Abraham Lincoln continuerà a visitare, tutte le notti, la cripta del bambino in maniera ossessiva. Il Bardo è il luogo in cui la storia si sviluppa, è il limbo in cui restano intrappolati Lincoln e suo figlio: tra vita e morte. Lincoln nel bardo è il capolavoro corale che Serena Daniele, la nostra ospite di oggi, ha deciso di portare.I libri sono uno spazio concreto che ci permettono di dare forma a storie che credevamo impossibili e ci vuole maestria per riuscire a trovarle, dargli valore ma soprattutto dargli una possibilità. Serena Daniele che fa questo da moltissimi anni, lei è una Senior Associate Editor di NN Editore e da sempre seleziona e propone nuove storie per dare loro una luce. Tra il 1998 e il 2011 cura la prima edizione della serie Harry Potter e dei titoli correlati, e lavora con autori italiani e stranieri su testi di fiction e non fiction.Cosa può darci questo libro?E tu, l’hai letto?