di Tommaso PellizzariÈ passato alla storia come il numero 7 per eccellenza. Eppure, il suo folgorante debutto ai Mondiali avvenne con una maglia diversa. E già ce ne sarebbe abbastanza per rileggere Marcel Proust e Konrad Lorenz. Ma alla leggendaria ala brasiliana il destino avrebbe riservato uno scherzo della memoria molto più crudele: essere ricordato molto meno di Pelé. Mentre il vero protagonista del Mondiale cileno del 1962, quello della doppietta della Seleção, era stato lui, Mané.
Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
--------
16:39
Van Hanegem-Germania Ovest: la guerra infinita
di Marco ImarisioSpesso una partita di calcio non è mai solo una partita di calcio, perché in quei 90 minuti entrano tante cose, compresa la Storia con la S maiuscola. È stato di certo così per l’Olanda: che buttò via una vittoria contro la Germania Ovest nella finale del Mondiale del 1974 perché alcuni suoi giocatori, invece di vincere, vollero provare a umiliare i loro avversari. E quello che più di tutti non si sarebbe accontentato solo di una vittoria era il centrocampista Wim Van Hanegem. Per colpa di un passato troppo orribile per essere dimenticato.
Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
--------
21:37
El Loco e il Bocha (che non vollero essere Maradona)
di Tommaso PellizzariQuando ha distribuito il genio calcistico, il Dio del pallone è stato generoso con gli argentini. Ma forse troppo. Perché alcuni di loro hanno avuto parecchie difficoltà a gestirlo. Come René Houseman e Ricardo Bochini. Che (proprio come Re Diego) un Mondiale l’hanno vinto, ma sono in pochissimi a ricordarlo. Vite (abbastanza) parallele di due leggende del Cono Sur, che alzarono la Coppa più prestigiosa nel 1978 e nel 1986. Anche se di quelle vittorie furono molto meno protagonisti di quanto il loro smisurato talento avrebbe lasciato immaginare.
Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
--------
17:23
Iniesta, il silenzio e la maglietta del saluto
di Paolo Tomaselli11 luglio 2010, Johannesburg: la notte in cui "Andrecito" Iniesta diventò definitivamente Don Andrés. Segnando il gol che porta per la prima volta la Spagna sul tetto del mondo. E ricordando, nella sua esultanza, non la moglie, i figli o Emili e Raul (il motivatore e il fisioterapista, per lui insostituibili), ma qualcuno che non c’è più: il suo vecchio amico (e compagno delle nazionali giovanili) Dani Jarque, che se n’era andato un anno prima. Destino? Parola troppo complessa per lui: «Dovevo essere lì in quel momento per buttare dentro quel pallone. Ed ero lì».
Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
--------
11:12
Cile-Urss, la non partita (col non gol al non avversario)
di Francesco BattistiniLa partita suicida. La partita della vergogna. Non c’è frase fatta che racconti la guerra fredda del pallone che si combatté attorno allo spareggio che il 21 novembre 1973 assegnava un posto al Mondiale tedesco dell’anno successivo. Dopo l’andata a Mosca (finita 0-0), il generale Pinochet decise che il ritorno si sarebbe giocato all’Estadio Nacional di Santiago, dove da due mesi il regime che aveva rovesciato Salvador Allende torturava e imprigionava gli avversari politici. Breznev, allora a capo dell’Urss comunista, disse di no. La nazionale sovietica restò a casa. Ma il Cile scese in campo lo stesso.
Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices