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  • Giacomo Bulgarelli e il Dall’Ara
    Nato a Portonovo di Medicina il 24 ottobre 1940, ha vestito ininterrottamente per diciassette stagioni la maglia del Bologna, collezionando 486 presenze: è in assoluto il calciatore ad aver indossato più volte la maglia rossoblù. Giacomo è stato un grande capitano ed è diventato una bandiera per aver dedicato tutta la sua carriera al Bologna. Negli anni Cinquanta la famiglia si trasferisce nella periferia orientale di Bologna, nell’odierno quartiere Mazzini, dove i ragazzini potevano sfogare le loro voglie negli spazi verdi che si alternavano ai neonati palazzoni. Leggenda narra che su quei cortili si affacciasse proprio la finestra dell’appartamento di Guyla “Giulio” Lelovich, che non si lasciò sfuggire quel piccoletto che correva a testa alta e giocava senza guardare il pallone, condotto con tocchi eleganti. L’ungherese era al servizio del club dagli anni 30’, quando divenne il capostipite della gloriosa dinastia di allenatori magiari che guidarono quel Bologna “che tremare il mondo fa”. Giacomo fu l’unico bolognese nell’anno della vittoria dell’ultimo scudetto nel 1964: indossava la maglia numero 8. Oltre allo scudetto del '64, con i rossoblù ha vinto 2 Coppe Italia, una Coppa Mitropa e una Coppa di Lega Italo-Inglese. In Nazionale ha giocato due Mondiali (nel 1962 e nel 1966) collezionando 29 presenze e 7 gol. Dopo aver dato addio al calcio giocato è stato dirigente sportivo e commentatore televisivo. Il Comune gli ha intitolato la curva Andrea Costa del Dall’Ara.
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  • Guido Reni e Palazzo Ariosti
    Fu uno dei più grandi pittori del ‘600. Nacque a Bologna nell'attuale Palazzo Ariosti di via San Felice 3 da Daniele, musicista e maestro della Cappella di San Petronio, e Ginevra Pozzi; venne battezzato il 7 novembre nella chiesa metropolitana di San Pietro. Seguì inizialmente le orme paterne, ma lasciò gli studi musicali preferendo la pittura di cui imparò i primi rudimenti nella bottega del fiammingo Denijs Calvaert, con cui studiavano anche Albani e Domenichino. Fu tra i primi a entrare nell’Accademia dei Carracci, già nel 1582, quando era ancora la semplice Accademia del Naturale. Nel 1598 è già un pittore affermato: in quell’anno realizzò l’Incoronazione della Vergine e santi per la chiesa di San Bernardo, che è custodita alla Pinacoteca Nazionale, e vinse la gara per gli affreschi allegorici in onore della venuta di Clemente VIII sulla facciata del Palazzo del Reggimento, l’odierno palazzo comunale, già perduti nell’800. Nel 1601 giunse a Roma, dove imparò a coniugare il classicismo emiliano con le nuove idee caravaggesche, dipingendo diversi capolavori. Dal 1610 continuò ad alternare soggiorni a Bologna, Roma e Napoli, dipingendo opere di grande importanza per la storia dell’arte, come la Strage degli innocenti e il Sansone, da ammirare sempre nella Pinacoteca Nazionale della città felsinea.
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  • Neffa e il “Disco d’oro”
    Nato a Scafati, in provincia di Salerno, all'età di otto anni si trasferisce con la famiglia a Bologna, dove è cresciuto e risiede, e dove ha iniziato a fare hip hop nell'underground cittadino. Inizia la carriera negli anni Ottanta come batterista in diversi gruppi hardcore punk tra cui gli Impact e i Negazione, con cui suona in una storica tournée negli Stati Uniti con lo pseudonimo di Jeff Pellino, ma esce dalla band prima che, nel 1991, partecipi a Modena alla data italiana dei Monsters of Rock insieme a Metallica e AC/DC. Neffa vive in isolamento a San Lazzaro dopo anni passati al Pratello, non senza nostalgia di una stagione di vivacità musicale che ora non vede più. In un’intervista racconta: «Sono un eremita assoluto e mi sposto di rado da casa mia dove ho attrezzato uno studio discografico. Però ho dei bei ricordi di un periodo in cui Bologna era una città dalle grandi possibilità: quando frequentavo l’istituto per ragionieri "Marconi" e suonavo nelle cantine la musica». Dice di sentirsi molto affezionato al Casalone e alle case occupate di via Avesella, come al "Disco d’oro", il negozio che era il centro di raccolta di tutte le tendenze musicali cittadine, dai punk ai metallari agli skin. «A inizio anni ‘90», conclude, «c’era gente che voleva davvero creare e suonava tutte le sere nelle piazze, ora mi sembra tutto appiattito, mi sembra che la cultura sia azzerata ma non credo che riguardi solo Bologna».
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  • Vasco Rossi e il concerto di Piazza Maggiore
    Il Comune di Bologna gli ha conferito nel 2020 il Nettuno d’Oro, l’onorificenza più alta che il Sindaco può assegnare a chi onora la città. Un gesto voluto come segno di riconoscimento per la lunga carriera del rocker nato a Zocca nel 1952. Si dice commosso Vasco, a più riprese. “Sono arrivato a Bologna che avevo 16 anni, per frequentare l'istituto tecnico Luigi Tanari per diventare ragionieri. Lì ho scoperto la mia vena artistica, grazie al professor Farinelli, una figura molto importante per me, e anche a un gruppo di amici di teatro, negli anni '70 tra i fermenti culturali di quel periodo”. Ha continuato il Blasco: "Le prime canzoni le ho scritte a 17 anni, per divertimento. Non immaginavo neanche lontanamente di fare questo mestiere". Poi arriva a parlare del primo concerto in piazza Maggiore, nel maggio del 1979: "Qui è partita la mia carriera artistica di cantautore e di rocker, avevo già fatto due dischi, per fortuna e per gioco, poi invece dal concerto in piazza Maggiore è venuta fuori la mia voglia di comunicare, con le canzoni, con le parole e con la musica". Nel 2021 Vasco ha girato un video in piazza Maggiore per lanciare il suo nuovo singolo. La scelta della location non è casuale, ma significa il ritorno dove tutto ebbe inizio.
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  • Emidio Clementi e il Pratello
    Nato a Ascoli Piceno, decide di trasferirsi a Bologna subito dopo la maturità per studiare Lingue. Qui partecipa alla storica occupazione di via del Pratello. Si tratta di un periodo particolarmente intenso, di formazione umana e artistica, che Emidio affresca nel suo romanzo La notte del Pratello, ritratto picaresco dell'ultima realtà indipendente bolognese i cui protagonisti diventeranno presenze fisse nei testi dei Massimo Volume, il gruppo fondato nel ’91. Era una esistenza vissuta tra il sottosuolo delle cantine da sgomberare e le feste sino all’alba nelle case occupate, i pomeriggi consumati nelle sale prove e una forma di socialità esasperata, una continua condivisione di esperienze e di sogni creativi. Era questo il Pratello raccontato nel libro di Clementi. Negli anni Settanta al Pratello sono nati Radio Alice e il cineclub l’Angelo Azzurro. In seguito fu la volta dei comici del Gran Pavese Varietà nel centro culturale Cesare Pavese, lo spazio sociale nelle case occupate, la tivù di strada, gli esperimenti cinematografici e artistici. Ma come si è trasformata la via? Emidio oggi risponde con schiettezza: "Mi pare sia diventata una strada della movida come ce ne sono tante e che manchino motivi di aggregazione autentici. Rispetto ai tempi dell’occupazione delle case negli anni ‘90, è cambiato tutto. Hanno vinto gli osti e la via da abbandonata è diventata istituzionale. Non riesco più a frequentarla”.
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