Powered by RND
PodcastNotizieRadio Next

Radio Next

Radio 24
Radio Next
Ultimo episodio

Episodi disponibili

5 risultati 34
  • Chi sopravvivrà alla transizione digitale dei trasporti? (Parte II)
    La trasformazione digitale del settore dei trasporti non è più una scelta strategica opzionale, ma una necessità competitiva dettata dalla convergenza di pressioni normative, carenza di manodopera e richieste sempre più stringenti dei clienti. Le imprese si trovano oggi davanti a un bivio: investire in tecnologie che riducano l'impatto ambientale e migliorino l'efficienza operativa, oppure rischiare di essere escluse dai tender più importanti.Come spiega Andrea Fossa, responsabile scientifico dell'Osservatorio Contract Logistics Gino Marchet del Politecnico di Milano, il retrofit tecnologico sui mezzi esistenti rappresenta una delle prime sfide pratiche per le aziende. Mentre la telematica di bordo è ormai diffusa anche sui veicoli più datati, il vero salto di qualità arriva con l'utilizzo dei dati in tempo reale per ottimizzare i consumi e ridurre le emissioni. Non si tratta più di affidarsi a stime di letteratura o protocolli standard, ma di misurare l'effettivo consumo di carburante, tracciare i comportamenti di guida e identificare margini di miglioramento che possono raggiungere cifre a doppia percentuale.Ma quanto sono davvero ricettive le imprese di fronte a sistemi che diventano sempre più complessi? La dimensione aziendale fa la differenza. Le flotte più grandi hanno già investito in control tower e sistemi di ottimizzazione avanzati, sfruttando marketplace e piattaforme digitali per massimizzare la saturazione dei mezzi e ridurre i chilometri a vuoto. Per le realtà più piccole, l'accessibilità tecnologica è aumentata grazie alla riduzione dei costi dell'IoT e dei sensori, rendendo possibile implementare soluzioni un tempo riservate ai grandi operatori.Michele Palumbo, docente di Operations e Supply Chain alla Cattolica di Milano, sottolinea come la pressione normativa europea, con l'estensione dell'ETS al trasporto su strada prevista per il 2026, stia accelerando questi processi. Non si tratta solo di conformità: i clienti iniziano a inserire nei capitolati richieste specifiche sui piani di miglioramento ambientale nei contratti pluriennali. Il calcolo delle emissioni CO2 diventa parametro di gara accanto a costi, servizi e tempistiche.In questo scenario, la carenza di autisti - 25.000-30.000 unità mancanti solo in Italia, con una previsione di pensionamento del 50% degli attuali conducenti nei prossimi dieci anni - rappresenta paradossalmente un'opportunità. Lo sviluppo di sistemi sempre più automatizzati e l'evoluzione verso cockpit digitali avanzati possono rendere la professione più attrattiva per i giovani, trasformando un mestiere tradizionalmente percepito come pesante e poco tecnologico.Come si concilia però questa spinta verso l'automazione con l'esigenza di mantenere competitività sui costi? La risposta sta nell'ottimizzazione: utilizzare algoritmi predittivi per la pianificazione delle rotte, sfruttare i big data per anticipare le esigenze della supply chain, implementare sistemi che passino dal semplice controllo descrittivo alla gestione autonoma dei processi. Palumbo evidenzia come stiamo assistendo a una migrazione verso un mondo autonomo, capace di considerare informazioni in tempo reale e trovare soluzioni ottimali sulla base di parametri multipli.Le aziende che hanno investito in questa direzione non solo rispettano i parametri di sostenibilità richiesti dai clienti, ma sviluppano anche un vantaggio competitivo nell'attrarre talenti. Come osserva Fossa, il tema dell'attrattività diventa cruciale: lavorare per un'azienda green che investe in digitale e sostenibilità fa la differenza sia nel recruitment che nella retention del personale. L'evoluzione è in corso e le aziende devono decidere se cavalcare l'onda dell'innovazione tecnologica o subire le conseguenze di un mercato che premia sempre più chi sa coniugare efficienza operativa, sostenibilità ambientale e capacità di adattamento ai nuovi paradigmi digitali.
    --------  
  • Dati, algoritmi e collaborazioni: le tre leve degli autotrasporti per vincere l'ETS (Parte 1)
    L’ESG nel trasporto non è più questione di efficienza o servizio. Il paradigma è sistemico e strategico: l’Emission Trading System dell’UE stabilisce un tetto alle emissioni e costringe ogni tonnellata di anidride carbonica a trovare un prezzo sul mercato. Con Fit for 55 il meccanismo, dopo aviazione e marittimo, si estende alla strada dal 2026; in Germania il carbon charge ha già toccato 50 €/t e, agendo a monte sul carburante, interesserà l’intera filiera dell’autotrasporto.Il primo passo operativo per un’azienda è misurare. Senza dati granulari sulle emissioni non si prendono decisioni né si accede a eventuali crediti; la qualità del reporting diventa parte del rischio regolatorio e del vantaggio competitivo.Il secondo è cooperare. La sostenibilità richiede di creare sinergie anche fra concorrenti, condividendo carichi, infrastrutture digitali e standard di scambio dati. Quanto siamo disposti a rivedere i confini tradizionali pur di ridurre il costo della decarbonizzazione?La leva tecnologica abilita questa evoluzione. Dall’analisi descrittiva dei flussi si passa a intelligenze prescriptive e, a tendere, a sistemi autonomi che ricalcolano rotte in tempo reale integrando traffico, costi e vincoli ESG. L’adozione di algoritmi predittivi basati su big data non è più appannaggio dei grandi player: piattaforme as-a-service rendono accessibili ai padroncini gli stessi strumenti di ottimizzazione. Quali investimenti in AI-driven planning possono ancora essere rimandati?La carbon tax implicita dell’ETS esigerà un pricing dinamico dei trasporti, nuovi modelli di procurement energetico e scenari di rete che valorizzino le leve di mitigazione. La velocità dell’esecuzione determinerà la quota di mercato e la marginalità delle imprese nel prossimo triennio.
    --------  
  • Dalla lamiera al bit: il modello digitale che ridisegna l’ecosistema dell'acciaio
    Come trasformare una filiera matura in un hub di conoscenza quotidiana? Nel caso dell’acciaio, la risposta di Paolo Morandi, CEO di Siderweb, è una piattaforma digitale che connette 1.500 aziende lungo tutta la catena del valore, dai rottami alla distribuzione, integrando dati di mercato, analisi dei prezzi e ricerche originali in tempo reale. Il risultato è un connettore di conoscenza che, grazie a un ufficio studi verticale, rileva settimanalmente 60 categorie di prodotto e offre insight finanziari e normativi indispensabili per decisioni operative e strategiche. L’asse portante del modello è la community: contenuti prima, relazioni subito dopo. Webinar settimanali con centinaia di partecipanti e la biennale “Made in Steel” trasformano la dimensione online in momenti fisici di confronto, ribadendo che la tecnologia abilita ma le persone consolidano il valore. In questo equilibrio l’intelligenza artificiale diventa il prossimo acceleratore: dalla profilazione delle informazioni all’automazione dei prezzi, prepara la filiera a navigare mercati sempre più volatili.Il nodo della sostenibilità — economia circolare basata sul rottame, riduzione delle emissioni, regolamentazioni europee — spinge le imprese verso sinergie ancora parzialmente inesplorate. Da qui nasce “Industria Acciaio 2050”, esercizio condiviso tra produttori, distributori e settori d’impiego per anticipare materiali, processi e modelli di business dei prossimi decenni.Non basta però la proiezione sul futuro: occorre rendere il settore attrattivo per i talenti digitali. “Siderweb Educational” riunisce academy e best practice per raccontare l’acciaio come tecnologia abilitante e non come industria tradizionale. Quale altra filiera potrebbe trarre benefici da un hub che unisca formazione, dati proprietari e networking verticale?
    --------  
  • Cooker Girl, dalla ricetta al modello di business: la formula della scalabilità dei contenuti (Parte I)
    Nel 2020 l’arrivo di TikTok e dei formati short ha spinto Aurora Cavallo a portare la propria competenza culinaria online, trasformando “Cooker Girl” in un laboratorio di sperimentazione dove il prodotto–ricetta viene testato fino a diventare una promessa di risultato per l’utente finale. Questa cura per la validazione tecnica, unita alla scelta di semplificare i processi senza tradirne la precisione, fa emergere un tema caro alle aziende: la qualità percepita oggi passa attraverso l’affidabilità dell’esperienza, non soltanto attraverso lo storytelling.Il modello di business che ne deriva si muove su due fronti. Da un lato la community B2C, ingaggiata con contenuti gratuiti che educano e creano fiducia; dall’altro i clienti B2B, editori e brand, con cui sviluppare format, libri e masterclass, bilanciando così flussi di ricavo diversificati. Non è un caso che l’e-book venduto unicamente sul sito proprietario, privo di spinta advertising, abbia registrato conversioni significative: la distribuzione diretta diventa test di maturità per la fan-base e, al tempo stesso, laboratorio per nuove linee editoriali.Quali competenze servono a un content creator per evolvere in impresa? Prima di tutto l’approccio imprenditoriale, fatto di contrattualistica gestita in autonomia e di investimenti in sperimentazione, anni prima che arrivassero i ritorni economici. In secondo luogo la visione verticale sul prodotto: ogni ricetta viene trattata come un servizio, affinata fino a diventare scalabile e replicabile dall’utente, a testimonianza che competenza e intrattenimento non sono dicotomie ma leve complementari .Come, allora, trasformare contenuti in asset aziendali? La risposta sta in una strategia che vede il personal brand come piattaforma: presidio diretto della relazione con il pubblico, sperimentazione costante di formati e pricing, alleanze industriali mirate per estendere il portafoglio senza posizionarsi come semplice fornitore di visibilità.
    --------  
  • L’IA non pensa, ma ci costringe a pensare
    Nel nostro dialogo con Riccardo Manzotti, ordinario di filosofia teoretica allo IULM di Milano, emerge una riflessione profonda e controcorrente sull’intelligenza artificiale, affrontata non dal punto di vista tecnico, ma da quello più inquietante e strategico: che cosa significa davvero pensare, e cosa ci distingue - se ancora qualcosa ci distingue - da un sistema algoritmico capace di linguaggio. L’intelligenza artificiale generativa oggi non è pensante nel senso classico, sostiene Riccardo Manzotti, e forse nemmeno noi lo siamo nel modo in cui ci siamo raccontati. Il pensiero, tradizionalmente legato a un “io interiore”, non è mai stato individuato scientificamente. E allora: abbiamo davvero bisogno del concetto di pensiero individuale per spiegare le capacità cognitive, oppure è un residuo animista che possiamo abbandonare?L’AI lavora diversamente da noi: parte dalla conoscenza e dal linguaggio, mentre l’evoluzione umana ha prima dato corpo e volontà, poi parola. È quindi legittimo chiedersi: stiamo davvero saltando le tappe, oppure stiamo invertendo la direzione evolutiva? E in questa inversione, quali sono i rischi, ma anche le opportunità strategiche per le organizzazioni?Un punto chiave per le imprese è comprendere che ciò che definiamo “intelligenza” non presuppone necessariamente coscienza o intenzione. Gli LLM (Large Language Models) non hanno uno scopo proprio: trasformano l’informazione in conoscenza, ma non “vogliono” nulla. Tuttavia, l’asimmetria tra linguaggio e volontà apre scenari complessi. Siamo pronti a riconoscere il momento in cui un sistema smette di essere uno strumento e inizia a essere un soggetto? E in quel momento, con quali criteri etici e giuridici dovremo trattarlo?Per le aziende, la posta in gioco non è solo l’adozione efficiente dell’AI, ma la capacità di interfacciarsi con un “agente” che imita - e forse supererà - le dinamiche sociali e cognitive umane. L’AI è uno specchio: ci mostra ciò che siamo, e ciò che potremmo perdere. La differenza cruciale, secondo Manzotti, resta nella nostra capacità di creare l’incommensurabile, di dare valore, di concepire ciò che ancora non esiste.In questo quadro, la domanda decisiva non è tanto “cosa può fare l’AI per noi”, quanto “cosa dice di noi il modo in cui costruiamo e usiamo l’AI”. E soprattutto: saremo capaci di distinguerci, o ci limiteremo ad allenare una macchina a diventare più umana di noi?Proveremo a dare risposte a queste e ad altre domande. Buon ascolto!
    --------  

Altri podcast di Notizie

Su Radio Next

RadioNext è il programma settimanale di Radio 24 sulla trasformazione digitale, un confronto sulle tematiche digitali viste con gli occhi dell'imprenditore, del manager, del professionista per capire le opportunità e gli impatti che il cambiamento epocale che stiamo vivendo offre alla nostra classe dirigente. Attraverso il dialogo con un ospite affronteremo i temi specifici del business, i modelli competitivi, gli ostacoli culturali, i nuovi approcci innovativi, le sfide organizzative e la centralità del cliente. 
Sito web del podcast

Ascolta Radio Next, La Zanzara e molti altri podcast da tutto il mondo con l’applicazione di radio.it

Scarica l'app gratuita radio.it

  • Salva le radio e i podcast favoriti
  • Streaming via Wi-Fi o Bluetooth
  • Supporta Carplay & Android Auto
  • Molte altre funzioni dell'app

Radio Next: Podcast correlati