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Rame

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  • Episodio 116. Io, stagista a 32 anni, voglio smetterla di sentirmi in ritardo sull'orologio sociale
    Giulia ha 32 anni ed è originaria di Cesena, dove è cresciuta in una famiglia benestante, con il mantra di andare bene a scuola perché «un buon titolo uguale a un buon stipendio, uguale a una sicurezza», le dicevano i suoi. Finito il liceo, Giulia vorrebbe studiare Medicina. Quando però non riesce a superare il test di ammissione, sceglie una facoltà che le sembra affine, Farmacia, e si trasferisce a Bologna. Ma già dal secondo anno si accorge che quel percorso non ha nulla a che fare - lavorativamente parlando - con Medicina.  Potrebbe continuare, protetta dalla sicurezza dei genitori che le pagano retta e affitto. Ma è proprio quella sicurezza che inizia a pesarle, così decide di rinunciare agli studi e comincia a lavorare full time in un bar. Per la prima volta, riesce a mantenersi da sola. Però, non si sente realizzata. «Avevo 22 anni, ma mi sentivo come se avessi sbagliato strada, senza alcun modo per cambiare o capire davvero cosa volessi fare».Proprio allora fa un incontro destinato a cambiare la sua vita. Conosce un uomo più grande di lei, che diventerà il suo compagno, e che, dopo essere nato in una famiglia umile e aver lavorato in fabbrica, all'età di trent'anni ha iniziato a seguire il suo sogno di lavorare nel cinema. «Lui mi ha mostrato che non esistono tappe prestabilite e che le strade possono essere ripercorse a ritroso». Da quel momento, Giulia inizia a guardare ogni aspetto della sua vita da una prospettiva diversa: parte per esperienze di volontariato all’estero e si concede finalmente la libertà di seguire una strada che sente sua. Si iscrive alla Facoltà di Cooperazione Internazionale a Bologna, e nel frattempo trova lavoro in un centro di accoglienza. Finita la Triennale, nasce il loro primo figlio e Giulia decide di proseguire gli studi in Gestione dei fenomeni migratori. Dopo la nascita del secondo figlio, il contratto al centro di accoglienza non viene rinnovato e Giulia decide di rimettersi in gioco iscrivendosi a un Master in Fundraising. Per ora, Giulia dal Master ha ottenuto solo uno stage extra-curricolare in un’organizzazione no-profit. Gratuito. Da una parte sente che è legittimo prendersi dei «periodi in cui si mette in pausa l’idea di ricevere uno stipendio, perché poi magari questo porterà a qualcosa di più bello, più soddisfacente e anche forse più redditizio». Ma fa fatica a staccarsi dallo schema culturale che ha assorbito da bambina, per cui al primo posto c'è lo stipendio e la stabilità che ne deriva. Giulia in questo momento è in viaggio. Giulia in questo momento è in viaggio. Sta cercando di arrivare alla sua sintesi - unica e personale -  di tutti i condizionamenti ricevuti nel percorso. È un viaggio affascinante, ma scandito da paure e sensi di colpa.
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    12:54
  • Storie di credito 01. Simone e quella passione decollata a rate
    Simone cresce a Lazzate in una famiglia di ceto medio: genitori prudenti, conti in ordine, ma nessun tabù sui desideri—dalla reflex del papà al primo Tamagotchi “cercato in tutte le giocherie". È lì che Simone impara che il denaro serve a vivere la vita che ci rappresenta, non a essere accumulato. Il primo finanziamento arriva per una passione: girare un cortometraggio con droni e stabilizzatori appena usciti (spesa totale circa 12.000 €). L’unboxing gratifica, ma ogni decollo fa sudare freddo: «Pregavo che tornasse, altrimenti erano migliaia di euro volati via». Le rate, però, non lo spaventano: le ha pianificate e inserite nel bilancio da subito. Da allora le usa così: micro-finanziamenti per continuare ad avere liquidità, una quota fissa tra le spese ordinarie nelle app di controllo, mai “il passo più lungo della gamba”. L’idea di fondo è semplice: mantenere autonomia senza pesare sul bilancio familiare.Nella puntata, l’esperta Martina Moraschi di Sella Personal Credit chiarisce differenze tra prestito personale, finalizzato e carta rateale, cosa succede se salti una rata e perché il dialogo con l’istituto di credito è la prima tutela. Con una domanda guida: la rata mantiene o erode l’armonia di coppia? Questo podcast è una co-produzione di Rame e Sella Personal Credit.
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    13:54
  • Rituali 15. Nicole Rossi: «Tra la stabilità economica e la fama, sceglierei la stabilità»
    Amatissima dal pubblico per empatia, tenacia e autenticità, Nicole Rossi è un’attrice e Content Creator italiana, diventata celebre con Il Collegio e consacrata dalla vittoria a Pechino Express nel 2020. Ma dietro il suo successo c’è una storia che parla di periferia, di sacrifici e di una fame che non è soltanto materiale.Cresciuta in una famiglia operaia a Cinecittà, Nicole impara presto il peso e il valore del denaro. In casa non è un tabù, ma manca una vera educazione finanziaria: «Sapevo solo che nei momenti in cui la mia famiglia si lamentava di più non dovevo chiedere soldi», racconta. Quelle ristrettezze la spingono a lavorare fin da giovanissima. Non solo per non dover più chiedere nulla, ma soprattutto per concedersi il teatro, la sua prima grande passione: «Il teatro per me era la possibilità di guardare già oltre i muri del quartiere». Accanto a lei c’è il padre: scettico sull’idea di un vero riscatto sociale, ma pronto a sostenerla in ogni passo: «Con una mano mi diceva di no con l'altra mi dava i soldi per fare lezioni di recitazione».Con l’arrivo della notorietà – tra Il Collegio, Pechino Express e Skam – Nicole si trova giovanissima a dover gestire fama e denaro. Il primo stipendio lo spende in cose futili, piccoli oggetti che rappresentano però una rivendicazione di libertà: per la prima volta non deve dire “grazie” a nessuno. Poi, grazie al padre, impara a dare struttura al suo lavoro: apre la Partita Iva, mette da parte i risparmi e punta a un obiettivo preciso, la sua prima casa. Lo raggiunge un anno e mezzo fa, con orgoglio ma anche con un misto di senso di colpa e paura: orgoglio per la conquista, colpa per il confronto con i genitori che ci erano riusciti poco prima, timore che sia un’illusione difficile da mantenere.Oggi Nicole guadagna molto più dei suoi coetanei, ma non smette di fare i conti con la precarietà del suo mestiere. «Se io potessi scegliere di avere 10.000 euro al mese, ma rinunciare ai 10 milioni che potrei guadagnare con un film hollywoodiano, io rinuncerei», confessa. «Non sono ingorda dell’avere di più: voglio solo mantenere quello che ho». Il suo rapporto con il denaro, infatti, è pragmatico: «Non cerco l’arricchimento illimitato, cerco la stabilità e la possibilità di godere delle cose semplici».Anche nella gestione quotidiana Nicole è metodica: «Ho imparato a separare i conti: da una parte metto tutto ciò che arriva, tenendo conto di mutuo e spese fisse; dall’altra scelgo una cifra che considero come il mio stipendio, solo per ciò che posso davvero permettermi. Così vivo più serena». Ma il suo vero rituale di benessere finanziario, spiega, «non ha a che fare con numeri o tabelle: sta nel guardare oltre i soldi e concentrarmi su quello che mi permettono di vivere».
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    19:10
  • Episodio 115. Ho smesso di lavorare con l'arte: non potevo legarla a un profitto
    Serena Osti ha 40 anni e vive a Volano, in provincia di Trento. I suoi genitori, entrambi con storie di grandi ricchezze perdute alle spalle, crescono Serena nel culto del risparmio, senza però insegnarle a gestire il denaro: «Fino ai diciannove anni non avevo mai avuto denaro tra le mani. Il mio desiderio più grande era andare a lavorare per avere finalmente quei benedetti soldi».Dopo il liceo, Serena inizia a lavorare nei rifugi di montagna. Con quei primi guadagni si rende conto di quanto il modello familiare del risparmio sia radicato in lei: ogni euro viene speso con attenzione. Ma questa priorità data al guadagno influenza anche le sue scelte personali: pur desiderando l’Accademia di Belle Arti, opta per Design Industriale, convinta che quella laurea le avrebbe assicurato un futuro sicuro.Terminata l’università nel 2008, Serena trova nel crollo dei mercati finanziari e nell’incertezza sul futuro il coraggio di rischiare e inseguire il sogno che ha sempre sentito suo: diventare artista. Grazie a una borsa di studio Erasmus Plus, si trasferisce a Brighton e inizia un tirocinio come assistente di alcuni artisti. Qui scopre, con sorpresa, che tra arte e profitto esiste un legame molto più stretto di quanto avesse immaginato. Dopo un anno in Inghilterra, rientra a Bolzano, dove inizia a lavorare per un artista locale.Dopo sei anni nel mondo dell’arte, Serena si accorge che, pur valorizzando il lavoro degli altri, fatica a vedere riconosciuto il valore economico delle proprie creazioni. Ma non solo: fatica anche ad attribuire un prezzo a un lavoro così intimamente emotivo e legato a una disciplina libera e pura: «Non riuscivo a giustificare il fatto di guadagnare con ciò che facevo, dato che lavoravo con le emozioni delle persone. Per avere quella libertà totale, ho capito che non potevo legarla a un profitto personale».Così decide di interrompere il lavoro di artista e approda al mondo del marketing, dove trova un impiego solido e continuativo. Oggi lavora a tempo pieno e il suo stipendio è ben diverso da quando faceva arte. Anche il suo rapporto con il denaro è cambiato: «Mi sono ritrovata a passare da un ipercontrollo a zero controllo: ho scoperto il tempo libero, il weekend, la vita… Per me, però, l’idea di lavorare e rischiare di spendere lo stipendio di un mese resta impensabile, perché la storia della mia famiglia insegna che c’è sempre una ragione per mettere soldi da parte per qualcosa di migliore».
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    15:44
  • Episodio 114. Quando ho iniziato a essere gentile con me stessa, è migliorato anche il mio rapporto con i soldi
    Matilde ha 33 anni e lavora come impiegata in un’azienda di Firenze. Nata e cresciuta a Prato, la sua infanzia è segnata da paura e sopraffazione. «Ho avuto un padre molto violento. Era un pubblico ufficiale e rinfacciava a mia madre - casalinga - anche i beni di prima necessità che comprava per noi. Mi sono resa conto molto presto che i soldi erano qualcosa di importante, ma da bambina non volevo mi si comprasse nulla. Non chiedevo mai ciò di cui avevo bisogno, perché sapevo che avrei in qualche modo disturbato».A sedici anni, dopo un episodio di violenza particolarmente grave, la famiglia riesce a cacciare di casa il padre. Prima di andarsene, però, l’uomo svuota il conto corrente comune, lasciandole senza risorse. Il mantenimento, irrisorio, costringe la madre a lavorare instancabilmente, alternando attività diverse, mentre anche Matilde e la sorella - ancora minorenni - iniziano a contribuire economicamente. Dopo le superiori, Matilde si iscrive al Dams di Bologna grazie a una borsa di studio, e continua a vivere con la madre e la sorella minore. All’età di 22 anni scopre di essere lesbica. Il suo orientamento sessuale incontra l'incomprensione di sua madre, così decide di trasferirsi a Roma. Lì lavora in un negozio di abbigliamento e si iscrive alla Magistrale in Scienze della Comunicazione, sostenendo gran parte delle spese universitarie e contribuendo al sostentamento della madre. Gli anni romani sono difficili, contraddistinti da solitudine e fatica. In seguito si ritroverà a vivere a Milano, a Bologna e poi infine a Firenze, cambiando partner e lavoro, ma con una costante: «Ho sempre avuto un sistema punitivo molto rigido, anche con i soldi: pensavo di non meritare di spenderli, perché magari il giorno dopo avrei potuto averne bisogno per risolvere un problema».Oggi, Matilde percepisce uno stipendio di 1.600 euro al mese e, sebbene continui a fare fatica a spenderli o a risparmiare, il suo rapporto con i soldi sta pian piano cambiando, grazie al sostegno della compagna e alla psicoterapia: «Quando ero all’università, ogni volta che prendevo 30 mi premiavo con una pizza; se invece prendevo anche solo 29, ero capace di digiunare per punirmi, perché ritenevo di non essere stata abbastanza brava. Oggi il mio rapporto con il denaro è migliorato, e sto imparando a concedermi dei piaceri, ma è stato un percorso piuttosto difficile».
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    19:07

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Su Rame

Rame è la serie podcast di una community che vuole sfatare il tabù dei soldi. Nasce all'interno di una piattaforma (www.rameplatform.com) che attraverso i suoi contenuti si pone l’obiettivo di avviare una rivoluzione culturale nella società, che trasformi la finanza personale in un argomento di conversazioni audaci e liberatorie. Annalisa Monfreda, ogni settimana, dialoga con un ospite diverso seguendo il filo della sua storia economica. Parlare di soldi può essere intimo e coinvolgente, rivelatorio ed eccitante. E si finisce sempre per svelare chi siamo e ciò in cui crediamo.
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