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  • Episodio 107: Il denaro non è più la mia unica ancora di salvezza
    Marina Mangiat ha 36 anni e cresce con un rispetto quasi religioso per i soldi, che oggi collega al trauma di una truffa finanziaria subita da una bisnonna, che ha lasciato un segno nel subconscio familiare. Fin dal primo lavoro, guadagnare non è solo una necessità pratica per Marina, ma un modo per affermare la propria libertà personale. Uno strumento che le dà il potere di non dover scendere a compromessi, neppure con gli amici. Dopo la prima esperienza lavorativa a Milano, si trasferisce in Svizzera, dove guadagna 48mila euro all’anno. Lì si rende conto che, sebbene il denaro le garantisca sicurezza, autonomia e potere, la sua vita si è trasformata in una prigione di infelicità: «Avevo un lavoro a tempo indeterminato, un buono stipendio e un appartamento tutto mio, eppure sentivo che la mia vita si era bloccata». Così, decide di lasciare la Svizzera e accetta un’offerta da un’azienda tedesca, trasferendosi a Monaco di Baviera. Qui fa carriera, cambia tre lavori e arriva a guadagnare 64mila euro all’anno. Negli ultimi tempi, però, ancora una volta l'insoddisfazione prende il sopravvento. Benché sia pagata bene, non riceve aumenti da 4 anni. Inoltre, ha iniziato a provare interesse per aspetti più spirituali della vita e si sta formando come insegnante di yoga. Ma il suo stipendio è diventato una gabbia fatta di sicurezza e orgoglio da cui fatica a liberarsi. Alla fine, è l’azienda a decidere per lei e Marina viene licenziata. Da quel momento sceglie di mettersi in proprio, alternando progetti di design all’attività di insegnante di yoga. Ha da parte 30.000 euro e può contare su una buona Naspi. Tuttavia, l’idea del denaro come unica fonte di sicurezza non si dissolve da un giorno all’altro: «Ci sono ancora momenti in cui il panico mi assale e penso: e se non riesco a far decollare il lavoro, cosa faccio?». Oggi, mentre il suo rapporto con il denaro si trasforma, Marina si concede una libertà che un tempo sembrava impossibile: lasciare andare un po’ la sicurezza economica per aprirsi al caso e alle opportunità.
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    12:08
  • Episodio 106: Così ho imparato a rimodellare i sogni sul mio budget
    Sara De Santis ha 28 anni, è torinese di nascita ma da due anni vive a Castellón de la Plana. Se oggi abita in una città di mare fino a ieri sconosciuta, è perché è riuscita a modellare strada facendo i suoi sogni, per farli rientrare nello spazio delle sue possibilità.Cresciuta in una famiglia in cui “tutto è di tutti”, per lei il denaro è un concetto astratto: «Alle medie, se avevo un euro lo spendevo tutto in Goleador». Finita la scuola di grafica, Sara inizia a lavorare in un’agenzia torinese, dove la paga bassa e il mobbing la portano al limite della sopportazione. Decide allora di trasferirsi a Londra, con il suo compagno. E qui il lavoro da barista diventa «un allenamento a vivere senza superfluo». Tornata in Italia a causa del Covid, Sara apre la partita IVA e inizia a lavorare come illustratrice. Il sogno è tornare a Londra, la città dove ha vissuto i mesi più belli della sua vita, ma vivendo della sua professione.Ci riesce, ma nel giro di quattro mesi si accorge che «avere uno stipendio italiano e vivere a Londra è una delle cose più infattibili del mondo». Londra, poi, non è più la città che lasciato tre anni prima. O forse è lei che è cambiata. «È stato difficile accogliere una Sara che aveva bisogno di calma, di bel tempo, di relax, di spiaggia».È così che Sara e il suo ragazzo dirottano verso la Spagna. La meta dei sogni è Valencia, ma è troppo cara. E allora, ancora una volta, modella il sogno per poterlo realizzare, e sceglie una città di mare a un'ora da Valencia che costa la metà.«C'è una frase che dice Luca Gotto che amo, che dice sii fiume non essere roccia. Mi recrimino tante cose, mi sento sempre sbagliata, però una cosa mi sento proprio di averla fatta giusta che sono sempre stata fiume».
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    14:15
  • Episodio 105: Gestisco con cura le mie finanze, per potermi liberare dal pensiero dei soldi
    Roberta Cavaglià ha 27 anni, fa la giornalista e lavora come consulente di comunicazione freelance. Oggi vive a Barcellona, ma le sue radici affondano a Torino, dove la storia della sua famiglia è intrecciata alla storia industriale della città — e, in particolare, alla Fiat. È lì che nasce la sua prima idea di denaro: «I miei nonni con il loro stipendio da operai sono riusciti a fare cose oggi impensabili. Uno ha cresciuto tre figlie con una moglie che non lavorava. L’altro è andato in pensione presto e si è comprato due case».Risultati possibili in un’epoca in cui il rapporto tra salario e costo della vita era molto diverso da quello attuale. Ma anche grazie a una mentalità, quasi una filosofia familiare, basata sul risparmio. Un’eredità culturale che Roberta conosce bene.Finite le superiori, Roberta lascia Torino e si trasferisce a Forlì per studiare Mediazione interculturale. Dopo la laurea triennale, ha già le idee chiare su quale magistrale frequentare. Ma il destino le lancia un segnale: dimentica di inviare la domanda di ammissione. Così, mentre aspetta l’anno successivo per riprovare il test, quel tempo sospeso si trasforma in uno spazio nuovo, fertile: «È lì che ho scoperto il mondo della comunicazione, del giornalismo».Spinta da questa curiosità, scrive il suo primo pitch per un articolo e lo invia a una rivista. Intanto, insieme a un gruppo di amiche, apre una pagina Instagram dedicata alla divulgazione femminista. Quella pagina diventa un laboratorio: scrittura, social media, grafica. E poco a poco, arrivano anche i primi clienti.Nel frattempo, Roberta riesce a entrare nella facoltà che sognava ma mentre prosegue gli studi, il suo percorso lavorativo prende sempre più chiaramente un’altra direzione. Il giornalismo e la comunicazione le sembrano ormai lo spazio più naturale in cui muoversi, così decide di aprire la partita Iva e di iniziare a lavorare da freelance.La sua piena indipendenza economica arriva un anno fa, quando si trasferisce a Barcellona. È lì che, in questo nuovo assetto — autonoma, all’estero, con la partita Iva — comincia anche a gestire in modo rigoroso le proprie finanze. Tiene traccia di ogni spesa, ogni entrata, si fa i conti delle tasse in anticipo, si impone un budget mensile. Nel futuro, ha in mente due traguardi ben precisi: comprare una casa e liberarsi finalmente dal pensiero dei soldi. Perché quando ci si sente finanziariamente al sicuro, allora ci si può anche prendere il lusso di dimenticarsi del denaro.
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    15:06
  • Episodio 104: Più guadagnavo, più mi sentivo infelice
    Marco Fogliata ha 33 anni e viene da Pumenengo, un piccolo centro di circa duemila abitanti in provincia di Bergamo. Da tre anni ha scelto di vivere su quattro ruote, trasformando un van nella sua casa e la sua passione per la fotografia in una professione che può fare in maniera itinerante. Mamma insegnante e papà commerciante, la sua è una famiglia economicamente solida. I soldi, nella narrazione familiare, sono la chiave che apre ogni possibilità di essere felici: «Il concetto di vita era questo: fai i soldi, e con i soldi potrai avere tutto quello che desideri — un buon lavoro, una famiglia, una casa. Ma, spoiler: io tutta questa felicità in casa non l’ho mai vista, nonostante ci fossero le disponibilità economiche».Negli anni dell’adolescenza, Marco cambia spesso direzione. Si iscrive a ragioneria, poi prova con l’istituto per geometri. Percorsi iniziati ma mai conclusi. Lui vuole solo una cosa: indipendenza, e la vuole presto. Così, a 18 anni inizia a lavorare e non smette più. Prima come cameriere, poi in fabbrica, dove firma un contratto a tempo indeterminato e la promessa di una vita stabile. È in quel periodo che, insieme alla sua compagna, fa il grande passo e acquista casa. Ma è proprio mentre tutto sembra andare secondo i piani che Marco inizia a sentirsi stretto in quella vita. «Ero grato di avere una casa mia, una macchina, ma allo stesso tempo facevo un tipo di lavoro in cui, man mano che aumentava la retribuzione, cresceva anche lo sconforto. Col passare degli anni ho iniziato a chiedermi: “Ma io sono felice facendo questa cosa per 8-10 ore al giorno?”».Nel frattempo, quasi per caso, durante un viaggio alle Hawaii, Marco scopre la fotografia e ci si appassiona subito. Riesce a costruirsi un buon giro di clienti e inizia a maturare un’idea che fino a poco prima sembrava impensabile: lasciare il posto fisso per dedicarsi completamente alla fotografia freelance. Ma non è solo una questione di lavoro: il desiderio di allontanarsi dalla realtà del piccolo paese si fa sempre più forte. Così, insieme alla compagna acquista un van e pianifica di trasferirsi in Spagna. Ma siamo nel 2020, e la pandemia stravolge ogni piano. Il progetto si blocca ancora prima di cominciare. E anche la loro relazione arriva a un bivio: decidono di separarsi e insieme scelgono che sarà lei a tenere la casa. Da allora, Marco vive nel suo van, sempre in movimento. Lavora come fotografo freelance e costruisce la sua quotidianità in sintonia con la natura. Nel suo stile di vita oggi non ci sono rinunce. Ma un semplice adattarsi ai bisogni attuali. «Ho imparato ad avere un tenore di vita basso. Al momento non ho famiglia e non sento vincoli. Quando ci sarà, ci saranno sicuramente spese in più da sostenere, e io mi muoverò in base a queste».
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    14:45
  • Rituali 12. Francesca Crescentini: «I miei hanno investito tanto su di me. E volevano il successo in cambio»
    Cresciuta in una casa dove il denaro era invisibile ma sempre presente, simbolo d’amore e di pressione, Francesca Crescentini – oggi nota online come Tegamini – racconta un’infanzia segnata da una dinamica affettiva precisa: «C’era una grande attitudine, soprattutto dal lato materno, ad associare molto il quanto investo in te al quanto ti voglio bene». E la pressione non mancava: «Sicuramente su di me sono stati fatti degli investimenti ingenti, ma il ritorno doveva essere molto, molto consistente».Da lì, il passo verso la sindrome da “grazie per lo stage non pagato” è stato breve: «Io sono una terrificante millennial, ora alla sua terza grande crisi economica. Abbiamo quell'idea che ti devo ringraziare moltissimo se mi dai l’opportunità di fare uno stage non pagato in un’altra città».Dall’editoria («il settore povero per antonomasia») alla comunicazione digitale, passando per traduzioni serali e letture di manoscritti a 25 euro lordi, Francesca racconta una carriera costruita a strati. Fino alla decisione, dopo la nascita del primo figlio, di mettersi in proprio:«Ho fatto due conti. Prendendo quello stipendio lì, mi sono resa conto che potevo provare a stare in piedi con le mie gambe. Quindi ho aperto la partita IVA».Oggi è freelance e ha un rapporto con il denaro decisamente più consapevole:«Ho una gestione molto oculata anche delle minuzie. Mi faccio le mie fatture, mando i miei solleciti. Ho la capacità di decifrare quello che mi succede finanziariamente».Tra piccole vendette simboliche («Adesso mi compro un LEGO caro, grosso, per me») e desideri eretici («Gli aiuti domestici. Mia madre non l’avrebbe mai approvato»), Francesca rivendica la libertà di decidere cosa vale la pena fare coi propri soldi.Anche se, ammette, «mi piacerebbe capire la mia commercialista, ma quella è un’altra disciplina».
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    19:58

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Su Rame

Rame è la serie podcast di una community che vuole sfatare il tabù dei soldi. Nasce all'interno di una piattaforma (www.rameplatform.com) che attraverso i suoi contenuti si pone l’obiettivo di avviare una rivoluzione culturale nella società, che trasformi la finanza personale in un argomento di conversazioni audaci e liberatorie. Annalisa Monfreda, ogni settimana, dialoga con un ospite diverso seguendo il filo della sua storia economica. Parlare di soldi può essere intimo e coinvolgente, rivelatorio ed eccitante. E si finisce sempre per svelare chi siamo e ciò in cui crediamo.
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