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  • Episodio 108: Solo in Francia ho trovato i soldi per finanziare la mia idea
    Giulia Spina ha 42 anni, ed è metà imprenditrice, metà dipendente. È cresciuta a Torino, in una famiglia benestante ma segnata dalla memoria di chiusure d’azienda e prudenza finanziaria. Dopo aver conseguito un dottorato in Fisica e aver trascorso alcuni anni felici in un’azienda aeronautica, Giulia e suo marito decidono di trasferirsi in Francia, a Clermont-Ferrand, città natale di lui, nel cuore della “Diagonale du Vide” francese. Qui, benché fatichi a creare una rete di amicizie, Giulia trova le condizioni ideali per tirare fuori l’idea green chiusa in un cassetto da anni: un depuratore d’aria che sfrutta le piante per pulire l’acqua e restituire agli ambienti interni un “microbiota da bosco”.«Mi sono trovata in un momento in cui Macron ha deciso che la Francia dovesse diventare la start-up nation… e ho detto: “O la faccio adesso, o non la farò mai più”». Si licenzia e si dedica alla sua idea. Una scelta resa possibile dalla misura che garantisce due anni di disoccupazione a chi avvia un’attività in proprio. «In Francia, ancora prima di aver creato l’azienda, sei considerato “portatore di progetto” e puoi già fare domanda per ottenere delle sovvenzioni». Giulia presenta il progetto, ottiene 20mila euro dei 30mila necessari a realizzare il prototipo. Gli altri 10mila li ottiene con un borsa regionale. E così si dedica allo sviluppo di tre prototipi. Le difficoltà non mancano: «Realizzare e testare i prototipi è costoso. Inoltre, bisogna capire se il mercato è pronto: a volte un prodotto può funzionare perfettamente, ma non incontrare interesse, o viceversa risultare troppo costoso per il mercato».Oggi Giulia finanzia il suo progetto con un prestito d’onore da 120.000 euro dalla Banque Publique d’Investissement (BPI), una banca pubblica francese che sostiene le start-up accettando l’alto rischio di fallimento. «Il mio sogno sarebbe portare questo sistema anche in Italia, perché finanziare l’innovazione è sempre una scommessa: nove volte su dieci non va a buon fine, ma è un rischio che bisogna accettare».Finiti i due anni di disoccupazione, Giulia ha trovato un lavoro stabile in un’azienda idroelettrica, che le ha permesso di riequilibrare anche la vita familiare. «Mi stavo ritrovando a fare quasi solo la casalinga, ero io a dover andare a prendere i bambini a scuola perché "avevo più tempo libero". Ora la situazione è più equilibrata e per i nostri figli è importante passare tempo con entrambi i genitori».Con un misto di ansia e determinazione, Giulia continua a investire parte del suo stipendio nel suo progetto: «Per me è un investimento sul futuro, un’attività in cui credo. Ho imparato ad accettare che, anche se non dovesse andare a buon fine, va bene così: l’importante è provarci».
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    16:35
  • Rituali 13: Francesca Florio: «Ti spiego perché ho fatto la scelta anti-economica di NON monetizzare i miei follower sui social»
    Francesca Florio è un’avvocata penalista, ma anche una divulgatrice instancabile: spiega il diritto sui social come Checcaflo per renderlo accessibile. È cresciuta con l’idea che l’indipendenza economica fosse fondamentale — un’eredità trasmessa da sua madre, che aveva visto la nonna pagare per tutta la vita il prezzo della dipendenza da un marito. A 16 anni, quando sua madre e il patrigno si trasferiscono temporaneamente a Dubai, lei resta a Roma per terminare il liceo classico, con la nonna malata a carico. È lì che impara a fare la spesa, a pagare le bollette, a misurare il valore delle cose. «Quell’esperienza da un lato mi ha insegnato l’importanza di saper amministrare il denaro. Dall’altro ha piantato in me un piccolo seme di ansia: quella sensazione di scarsità che, purtroppo, molte donne si trovano ad affrontare».Da adulta, sceglie la strada meno comoda: rinuncia alla carriera nei grandi studi e fa pratica in uno studio più piccolo, dove si impara il mestiere all’antica. «Un modello ancora legato alla logica del “garzone di bottega”: tu assorbi tutto, ma è come se dovessi pagare per quel sapere».Francesca decide di specializzarsi in diritto penale e si trova spesso a difendere donne vittime di violenza economica: «Una mia assistita è stata aggredita perché aveva comprato dei biscotti. Non aveva nemmeno la libertà di fare la spesa da sola». La dinamica è sempre la stessa: «Quando non guadagni il tuo denaro e dipendi economicamente da qualcun altro sei inevitabilmente soggetta a un giudizio continuo, che può diventare una forma di soggiogazione. Se lui ti dice “50 euro per una crema viso? Ma che spreco!”, tu ti senti in colpa. Ma nel momento in cui quei soldi li guadagni tu, se decidi di spenderne anche 200, sono affari tuoi. È una questione di libertà, prima ancora che di soldi».Francesca oggi ha un grande seguito sui social, che però ha scelto di non monetizzare. «Se decidessi di fare l’influencer a tempo pieno, potrei vivere di sponsorizzazioni e guadagnare molto di più. Una campagna da dieci storie arriva anche a 10 mila euro. Per guadagnare quella cifra con il mio lavoro servono due o tre processi, cioè mesi di udienze, atti, telefonate, ore di studio. Sei mesi di lavoro, realisticamente. Rispetto a dieci storie, è una scelta antieconomica — ma è la mia scelta». Se l'ha fatta è perché ha ben chiaro quanti soldi le servono per vivere una buona vita e sa che non ha bisogno di diventare ricca per essere libera. Ciò per cui non ha alcuna remora a spendere i soldi è la comodità: i taxi, le stanze d’albergo vicino al centro... Ma le scarpe da 1000 euro, no, quelle proprio no. L’acquisto più costoso che ha mai fatto? La toga.
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    22:01
  • Episodio 107: Il denaro non è più la mia unica ancora di salvezza
    Marina Mangiat ha 36 anni e cresce con un rispetto quasi religioso per i soldi, che oggi collega al trauma di una truffa finanziaria subita da una bisnonna, che ha lasciato un segno nel subconscio familiare. Fin dal primo lavoro, guadagnare non è solo una necessità pratica per Marina, ma un modo per affermare la propria libertà personale. Uno strumento che le dà il potere di non dover scendere a compromessi, neppure con gli amici. Dopo la prima esperienza lavorativa a Milano, si trasferisce in Svizzera, dove guadagna 48mila euro all’anno. Lì si rende conto che, sebbene il denaro le garantisca sicurezza, autonomia e potere, la sua vita si è trasformata in una prigione di infelicità: «Avevo un lavoro a tempo indeterminato, un buono stipendio e un appartamento tutto mio, eppure sentivo che la mia vita si era bloccata». Così, decide di lasciare la Svizzera e accetta un’offerta da un’azienda tedesca, trasferendosi a Monaco di Baviera. Qui fa carriera, cambia tre lavori e arriva a guadagnare 64mila euro all’anno. Negli ultimi tempi, però, ancora una volta l'insoddisfazione prende il sopravvento. Benché sia pagata bene, non riceve aumenti da 4 anni. Inoltre, ha iniziato a provare interesse per aspetti più spirituali della vita e si sta formando come insegnante di yoga. Ma il suo stipendio è diventato una gabbia fatta di sicurezza e orgoglio da cui fatica a liberarsi. Alla fine, è l’azienda a decidere per lei e Marina viene licenziata. Da quel momento sceglie di mettersi in proprio, alternando progetti di design all’attività di insegnante di yoga. Ha da parte 30.000 euro e può contare su una buona Naspi. Tuttavia, l’idea del denaro come unica fonte di sicurezza non si dissolve da un giorno all’altro: «Ci sono ancora momenti in cui il panico mi assale e penso: e se non riesco a far decollare il lavoro, cosa faccio?». Oggi, mentre il suo rapporto con il denaro si trasforma, Marina si concede una libertà che un tempo sembrava impossibile: lasciare andare un po’ la sicurezza economica per aprirsi al caso e alle opportunità.
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    12:08
  • Episodio 106: Così ho imparato a rimodellare i sogni sul mio budget
    Sara De Santis ha 28 anni, è torinese di nascita ma da due anni vive a Castellón de la Plana. Se oggi abita in una città di mare fino a ieri sconosciuta, è perché è riuscita a modellare strada facendo i suoi sogni, per farli rientrare nello spazio delle sue possibilità.Cresciuta in una famiglia in cui “tutto è di tutti”, per lei il denaro è un concetto astratto: «Alle medie, se avevo un euro lo spendevo tutto in Goleador». Finita la scuola di grafica, Sara inizia a lavorare in un’agenzia torinese, dove la paga bassa e il mobbing la portano al limite della sopportazione. Decide allora di trasferirsi a Londra, con il suo compagno. E qui il lavoro da barista diventa «un allenamento a vivere senza superfluo». Tornata in Italia a causa del Covid, Sara apre la partita IVA e inizia a lavorare come illustratrice. Il sogno è tornare a Londra, la città dove ha vissuto i mesi più belli della sua vita, ma vivendo della sua professione.Ci riesce, ma nel giro di quattro mesi si accorge che «avere uno stipendio italiano e vivere a Londra è una delle cose più infattibili del mondo». Londra, poi, non è più la città che lasciato tre anni prima. O forse è lei che è cambiata. «È stato difficile accogliere una Sara che aveva bisogno di calma, di bel tempo, di relax, di spiaggia».È così che Sara e il suo ragazzo dirottano verso la Spagna. La meta dei sogni è Valencia, ma è troppo cara. E allora, ancora una volta, modella il sogno per poterlo realizzare, e sceglie una città di mare a un'ora da Valencia che costa la metà.«C'è una frase che dice Luca Gotto che amo, che dice sii fiume non essere roccia. Mi recrimino tante cose, mi sento sempre sbagliata, però una cosa mi sento proprio di averla fatta giusta che sono sempre stata fiume».
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    14:15
  • Episodio 105: Gestisco con cura le mie finanze, per potermi liberare dal pensiero dei soldi
    Roberta Cavaglià ha 27 anni, fa la giornalista e lavora come consulente di comunicazione freelance. Oggi vive a Barcellona, ma le sue radici affondano a Torino, dove la storia della sua famiglia è intrecciata alla storia industriale della città — e, in particolare, alla Fiat. È lì che nasce la sua prima idea di denaro: «I miei nonni con il loro stipendio da operai sono riusciti a fare cose oggi impensabili. Uno ha cresciuto tre figlie con una moglie che non lavorava. L’altro è andato in pensione presto e si è comprato due case».Risultati possibili in un’epoca in cui il rapporto tra salario e costo della vita era molto diverso da quello attuale. Ma anche grazie a una mentalità, quasi una filosofia familiare, basata sul risparmio. Un’eredità culturale che Roberta conosce bene.Finite le superiori, Roberta lascia Torino e si trasferisce a Forlì per studiare Mediazione interculturale. Dopo la laurea triennale, ha già le idee chiare su quale magistrale frequentare. Ma il destino le lancia un segnale: dimentica di inviare la domanda di ammissione. Così, mentre aspetta l’anno successivo per riprovare il test, quel tempo sospeso si trasforma in uno spazio nuovo, fertile: «È lì che ho scoperto il mondo della comunicazione, del giornalismo».Spinta da questa curiosità, scrive il suo primo pitch per un articolo e lo invia a una rivista. Intanto, insieme a un gruppo di amiche, apre una pagina Instagram dedicata alla divulgazione femminista. Quella pagina diventa un laboratorio: scrittura, social media, grafica. E poco a poco, arrivano anche i primi clienti.Nel frattempo, Roberta riesce a entrare nella facoltà che sognava ma mentre prosegue gli studi, il suo percorso lavorativo prende sempre più chiaramente un’altra direzione. Il giornalismo e la comunicazione le sembrano ormai lo spazio più naturale in cui muoversi, così decide di aprire la partita Iva e di iniziare a lavorare da freelance.La sua piena indipendenza economica arriva un anno fa, quando si trasferisce a Barcellona. È lì che, in questo nuovo assetto — autonoma, all’estero, con la partita Iva — comincia anche a gestire in modo rigoroso le proprie finanze. Tiene traccia di ogni spesa, ogni entrata, si fa i conti delle tasse in anticipo, si impone un budget mensile. Nel futuro, ha in mente due traguardi ben precisi: comprare una casa e liberarsi finalmente dal pensiero dei soldi. Perché quando ci si sente finanziariamente al sicuro, allora ci si può anche prendere il lusso di dimenticarsi del denaro.
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    15:06

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Su Rame

Rame è la serie podcast di una community che vuole sfatare il tabù dei soldi. Nasce all'interno di una piattaforma (www.rameplatform.com) che attraverso i suoi contenuti si pone l’obiettivo di avviare una rivoluzione culturale nella società, che trasformi la finanza personale in un argomento di conversazioni audaci e liberatorie. Annalisa Monfreda, ogni settimana, dialoga con un ospite diverso seguendo il filo della sua storia economica. Parlare di soldi può essere intimo e coinvolgente, rivelatorio ed eccitante. E si finisce sempre per svelare chi siamo e ciò in cui crediamo.
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