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Rame

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  • Episodio 114. Quando ho iniziato a essere gentile con me stessa, è migliorato anche il mio rapporto con i soldi
    Matilde ha 33 anni e lavora come impiegata in un’azienda di Firenze. Nata e cresciuta a Prato, la sua infanzia è segnata da paura e sopraffazione. «Ho avuto un padre molto violento. Era un pubblico ufficiale e rinfacciava a mia madre - casalinga - anche i beni di prima necessità che comprava per noi. Mi sono resa conto molto presto che i soldi erano qualcosa di importante, ma da bambina non volevo mi si comprasse nulla. Non chiedevo mai ciò di cui avevo bisogno, perché sapevo che avrei in qualche modo disturbato».A sedici anni, dopo un episodio di violenza particolarmente grave, la famiglia riesce a cacciare di casa il padre. Prima di andarsene, però, l’uomo svuota il conto corrente comune, lasciandole senza risorse. Il mantenimento, irrisorio, costringe la madre a lavorare instancabilmente, alternando attività diverse, mentre anche Matilde e la sorella - ancora minorenni - iniziano a contribuire economicamente. Dopo le superiori, Matilde si iscrive al Dams di Bologna grazie a una borsa di studio, e continua a vivere con la madre e la sorella minore. All’età di 22 anni scopre di essere lesbica. Il suo orientamento sessuale incontra l'incomprensione di sua madre, così decide di trasferirsi a Roma. Lì lavora in un negozio di abbigliamento e si iscrive alla Magistrale in Scienze della Comunicazione, sostenendo gran parte delle spese universitarie e contribuendo al sostentamento della madre. Gli anni romani sono difficili, contraddistinti da solitudine e fatica. In seguito si ritroverà a vivere a Milano, a Bologna e poi infine a Firenze, cambiando partner e lavoro, ma con una costante: «Ho sempre avuto un sistema punitivo molto rigido, anche con i soldi: pensavo di non meritare di spenderli, perché magari il giorno dopo avrei potuto averne bisogno per risolvere un problema».Oggi, Matilde percepisce uno stipendio di 1.600 euro al mese e, sebbene continui a fare fatica a spenderli o a risparmiare, il suo rapporto con i soldi sta pian piano cambiando, grazie al sostegno della compagna e alla psicoterapia: «Quando ero all’università, ogni volta che prendevo 30 mi premiavo con una pizza; se invece prendevo anche solo 29, ero capace di digiunare per punirmi, perché ritenevo di non essere stata abbastanza brava. Oggi il mio rapporto con il denaro è migliorato, e sto imparando a concedermi dei piaceri, ma è stato un percorso piuttosto difficile».
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    19:07
  • Episodio 113. L'arte di proteggere i sogni
    Camilla Ragazzi ha 36 anni e lavora come consulente legale. È cresciuta a Bologna in una famiglia che lavorava senza sosta, ma senza mai avere una riserva di sicurezza: «Ogni imprevisto, ogni incidente, era in grado di mettere in crisi l’intera famiglia. Così, crescendo, mi sono detta che la priorità nella vita è avere un backup».Dopo gli studi in giurisprudenza e l’ingresso nel pubblico impiego, un risarcimento per un incidente del padre le fa capire concretamente l’importanza di gestire e proteggere un cuscinetto d’emergenza: «All’inizio, quando ti arriva una somma di denaro, la prima domanda è: “E adesso cosa ci faccio?”. E l’incertezza spesso porta a spenderlo. Poi realizzi quanto sia importante avere una riserva che ti permetta di affrontare le difficoltà con serenità». Con Paolo, il compagno di vita, Camilla coltiva la passione per i viaggi. Dopo una vacanza in van decidono di trasformare quel sogno in un progetto duraturo: acquistano e ristrutturano un camper, mettono la casa in affitto, adottano uno stile minimalista e iniziano a investire i risparmi. Una scelta che non nasce dall’improvvisazione, ma da un’attenta pianificazione: «Abbiamo fatto un inventario dei nostri asset e pianificato come proteggere il progetto. Sapere di avere un cuscinetto ti dà la sicurezza necessaria per portare avanti davvero un sogno».Oggi Camilla e Paolo vivono viaggiando e raccontano la loro esperienza online. Per lei, il fondo d’emergenza non è più solo una rete di salvataggio, ma la garanzia che rende possibile vivere secondo i propri desideri.
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    16:35
  • Episodio 112. Solo con la gravidanza, ho ritrovato il coraggio di rischiare
    Simona Cammarata ha 46 anni e vive a Ragusa, città dove è nata e cresciuta in una famiglia monoreddito, in cui solo il padre percepiva un introito fisso. Quando Simona ha 11 anni, però, il padre decide di mettersi in proprio, aprendo un’impresa. Quello che sembrava un passo verso il miglioramento delle loro condizioni si rivela una sfida piena di ostacoli. «Siamo passati da una situazione di stipendio fisso e sicurezza a dover seguire le ambizioni di mio padre».Nonostante le incertezze, le figlie riescono a iscriversi all’università: Simona sceglie Economia, mentre la sorella intraprende Veterinaria. Entrambe fuorisede a Catania. Durante gli anni universitari, Simona inizia a immaginare un futuro che va oltre i confini della Sicilia. Le sue passioni prendono forma tra le lezioni di economia dello sviluppo e le ricerche sui Paesi emergenti. Ma mentre i suoi orizzonti si aprono, l’azienda di famiglia va in crisi. Il padre vende le quote e accetta un impiego al Nord. E Simona è chiamata a gestire la situazione che lui si è lasciato alle spalle, rinunciando così ai suoi sogni. «Ricordo ancora quando, a 25 anni, neolaureata e con una preparazione solo teorica, entrai in banca a chiedere una dilazione di pagamento». Una volta laureata, sceglie la strada che le sembra più sicura: diventare commercialista. «Probabilmente, con la sicurezza di una famiglia capace di supportarmi, mi sarei sentita più libera di sperimentare, magari andando all’estero o provando altri tipi di consulenza». Simona, se non altro, prova a essere il paracadute di sua sorella, affinché almeno lei non avesse paura di realizzarsi fuori dai confini della Sicilia. «Mia sorella colse al volo l’opportunità di lavorare in Belgio e da allora non è più tornata». Dopo l’abilitazione Simona apre la partita Iva, ma continua a collaborare con altri studi. Le scelte economiche dei suoi genitori non avevano solo condizionato il suo percorso, ma anche la sua personalità, rendendola meno propensa a rischiare. «Benché avessi clienti miei, non riuscivo a sganciarmi da altri studi. Cercavo sempre di mantenere quella base che un po’ mi dava sicurezza. Non solo: accettavo lavori in maniera bulimica, anche se mi capitavano clienti problematici, prendevo tutto».Il punto di svolta arriva quando Simona affronta la gravidanza. «Mi ero accorta che non avevo più tempo né per la mia famiglia né per me, così ho deciso di rischiare: lasciare lo studio e di mettermi totalmente in proprio». A dispetto delle paure iniziali, le entrate di Simona iniziano a stabilizzarsi, permettendole per la prima volta di guardare oltre la semplice sopravvivenza economica. E di imparare a lasciare andare ciò che, pur garantendo un buon guadagno, spesso non rappresenta il giusto compromesso con il proprio benessere. «Il focus era cambiato: si trattava di scegliere incarichi che mi permettessero di gestire meglio il mio tempo, di avere tempo di qualità».
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    14:51
  • Episodio 111. Da tre anni, dono il 10% del mio reddito
    Luca Stocco ha 26 anni e vive a Torino, anche se è originario di Monfalcone, una cittadina di circa 30.000 abitanti nel Friuli Venezia Giulia. Nato e cresciuto in una famiglia umile, fin da adolescente ha un sogno chiaro: diventare batterista. Così, per sostenere la sua passione, si iscrive alla triennale in Scienze e Tecnologie Multimediali a Pordenone.Intorno ai 18-19 anni, Luca legge un libro destinato a cambiargli la vita: The Life You Can Save, del filosofo Peter Singer. Il testo affronta il tema delle disuguaglianze economiche a livello globale e pianta in Luca un seme importante. Sebbene inizialmente il libro venga messo da parte, quel pensiero rimane con lui e quando arriva il momento di scegliere la magistrale, Luca decide di abbandonare il sogno musicale e si trasferisce a Milano per iscriversi a un corso che unisce filosofia e scienze politiche, con un forte focus su filosofia politica e morale: «Leggendo e informandomi sempre di più, mi è rimasto il pensiero fisso del "forse posso fare qualcosa di più significativo" con la mia carriera. E col tempo, quella è diventata una domanda centrale per me».Durante gli studi a Milano, Luca inizia a collaborare con alcune organizzazioni benefiche e a guadagnare i suoi primi soldi. Decide così di iniziare a donare, ma non in modo casuale: scopre l’esistenza di una comunità globale di oltre 10.000 persone impegnate a donare il 10% del proprio reddito, basandosi su rigorosi criteri di costo-efficacia per scegliere a chi destinare le proprie risorse. Alcune organizzazioni, infatti, con la stessa somma riescono ad aiutare molte più persone rispetto ad altre.Proprio da questa lista, Luca seleziona le charity a cui destinare il suo 10%. «In particolare, c’è New Incentives, che incentiva i genitori a vaccinare i bambini nel nord della Nigeria, dove i tassi di vaccinazione sono molto bassi. C’è poi Helen Keller International, che distribuisce micronutrienti e integratori di vitamina A, la cui carenza è la principale causa di cecità prevenibile nei bambini. Poi, un altro tema a cui tengo molto è il benessere degli animali non umani, soprattutto negli allevamenti intensivi».Appena finita l’università, Luca decide di partecipare a un programma di incubazione per progetti ad alto impatto sociale. E dopo quest’esperienza, insieme a un socio, fonda Benefficienza, un'organizzazione non profit che ha la missione di aiutare i donatori in Italia a fare scelte più informate quando donano al fine di massimizzare l'impatto.«Quindi, di fatto, la passione che ho sviluppato negli ultimi anni, da quando ho firmato l’impegno del 10%, è stata quella di capire come fare del bene con le mie donazioni. Ora cerco di aiutare altre persone a fare la stessa cosa. Benefficenza vuole essere proprio un anello di congiunzione tra i donatori in Italia e tutte queste ricerche a livello globale, che permettono di fare scelte molto più informate e, di conseguenza, potenzialmente centuplicare l’impatto generato senza spendere un euro in più».
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    16:25
  • Episodio 110. Ho guadagnato tanto per poter scegliere, non per spendere
    Ingrid Leka ha 45 anni e vive a Milano. La sua storia, però, comincia dall’altra parte dell’Adriatico, in Albania, dove ha trascorso i primi tredici anni di vita. Nel 1993, insieme alla madre e al fratello, raggiunge il padre in Italia, sbarcato a Bari due anni prima.Cresciuta in un paese comunista, dove ogni aspetto della vita era controllato dallo Stato, Ingrid ricorda una gestione familiare del denaro estremamente attenta: «Durante la mia infanzia non ho mai percepito ansia legata al denaro. Quello che ho sentito, invece, è stata la mancanza di beni materiali. Ma era una mancanza che prescindeva dai soldi: anche se li avevi, non era detto che potessi comprare ciò che volevi». Anche dopo l’arrivo in un Paese dove il consumo è non solo libero ma incentivato, in casa Leka rimane un approccio sobrio e misurato: «Siamo sempre stati abituati a guardare prima il prezzo, e questa abitudine mi è rimasta. Ancora oggi non provo un vestito se prima non so quanto costa».Le sue scelte scolastiche rispondono allo stesso principio: assicurarsi un futuro indipendente, con una stabilità economica. Per questo sceglie Economia, e dopo la laurea in Bocconi entra subito nel mondo del lavoro. Dopo alcune esperienze in Italia, JP Morgan la chiama a Londra per un ruolo ad alta specializzazione. È l’ingresso in un mondo di opportunità, responsabilità e — per la prima volta — benessere economico tangibile.Dopo cinque anni in Inghilterra, Ingrid sceglie di tornare in Italia, dove vive il suo compagno, per costruire una famiglia. È il primo cambio di rotta per la sua carriera: si mette in proprio e l’attività di consulenza finanziaria le permette di diventare madre di tre figli. Ma il lavoro da libera professionista non si rivela soddisfacente — né dal punto di vista economico, né da quello personale. Ed è proprio in quell’inquietudine che germoglia una nuova possibilità: dare spazio alla creatività ed esplorare il mondo dell’arte. Con i soldi messi da parte negli anni a JP Morgan, prende in affitto uno spazio e apre il suo laboratorio. Intanto cerca di farsi conoscere, tra social e piccole esposizioni.Questo passaggio è reso possibile sia dalla sicurezza economica costruita in vent’anni di carriera, sia dalla sensazione di aver in qualche modo adempiuto al proprio “dovere” sociale. «Oggi mi sento libera: mi sono sposata, ho avuto i figli, ho messo da parte un po’ di soldi. E adesso posso permettermi di fare ciò che desidero. Voglio fare l’artista, e così faccio».Una scelta che Ingrid considera educativa anche per i suoi figli. «Sono felice che crescano esposti alle mie difficoltà economiche — perché, al momento, vendo pochi pezzi - ma anche alla mia realizzazione. Paradossalmente, oggi mi riconosco più valore come artista di quanto me ne riconoscessi come consulente finanziaria».
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    14:50

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Su Rame

Rame è la serie podcast di una community che vuole sfatare il tabù dei soldi. Nasce all'interno di una piattaforma (www.rameplatform.com) che attraverso i suoi contenuti si pone l’obiettivo di avviare una rivoluzione culturale nella società, che trasformi la finanza personale in un argomento di conversazioni audaci e liberatorie. Annalisa Monfreda, ogni settimana, dialoga con un ospite diverso seguendo il filo della sua storia economica. Parlare di soldi può essere intimo e coinvolgente, rivelatorio ed eccitante. E si finisce sempre per svelare chi siamo e ciò in cui crediamo.
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