Buffett: il capitale paziente

Warren Buffett ha già scelto chi prenderà il suo posto, ma non ha mai smesso di scrivere lettere agli azionisti, donare miliardi, o difendere la sua visione del capitalismo. La sua eredità non è fatta solo di numeri o azioni, ma di un metodo paziente, radicale nella sua semplicità. Oggi più che mai, ci ricorda che investire bene è una questione di tempo, lucidità e buon senso.

Buffett vive in una casa normale, mangia da Mc Donald’s tutti i giorni, non cambia auto ogni anno. Ma costruisce portafogli come se stesse progettando un edificio destinato a durare. Con Charlie Munger condivide un’idea tanto umile quanto potente: anche gli investitori migliori sbagliano. Per questo serve una regola semplice, ma spesso ignorata: diversificare.

Crisi dopo crisi, Buffett resta calmo. Quando tutti fuggono, lui compra. Da Salomon Brothers alla grande crisi del 2008, attraversa i momenti peggiori dei mercati con freddezza chirurgica. La sua regola è semplice: essere timorosi quando gli altri sono avidi, avidi quando gli altri sono timorosi. In un mondo governato dalle emozioni, lui sceglie la razionalità.

Buffett rileva una vecchia azienda tessile destinata a fallire e la trasforma nel cuore pulsante del suo impero. Usa i flussi delle assicurazioni per finanziare nuovi investimenti e inizia a costruire Berkshire Hathaway come una rete di imprese solide, comprate con pazienza e mai rivendute. Qui prende forma il suo stile: comprare, tenere e lasciare che il capitale lavori da solo.

Alla Columbia University, Buffett incontra Benjamin Graham, il suo mentore. Studia il “value investing”, assorbe la teoria del margine di sicurezza e la applica con metodo e disciplina. È l’inizio della sua filosofia: cercare valore, non moda. Comprare azioni come se fossero aziende vere. Tenerle come se fossero una fattoria. Investire non è speculare: è costruire.