
[451] Il «memoriale della Repubblica». Parla Miguel Gotor
26/12/2025 | 2 h 24 min
Diventa un supporter di questo podcast: clicca qui.➨ Iscrivetevi al nostro canale Telegram: clicca quiSiena, 18 maggio 2011, nona giornata del seminario «Il lavoro culturale» organizzato dall'associazione «Level Five. Centro studi Marco Dinoi». Presentazione del libro di Miguel Gotor «Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l'anatomia del potere italiano». Intervento iniziale e moderazione del dibattito a cura di Francesco Zucconi. Tra gli argomenti toccati da Gotor: a) i tre «pilastri» di un lavoro complesso: l'intrigo del caso Moro, le dinamiche di funzionamento del potere italiano, il taglio e la riflessione di carattere generazionale; b) che cos'è il memoriale Moro? Dal carattere di «memoria difensiva» al valore «testamentario o testimoniale»; c) la genesi del libro e il rapporto con le lettere dalla prigionia; d) «non mi limito a raccontare» cosa c'è scritto nel memoriale, «ma come questi testi sono arrivati fino a noi»; e) un memoriale «che non esiste in originale» e che «compare in due diversi momenti nel tempo»; f) 1 ottobre 1978. L'irruzione dei carabinieri in via Monte Nevoso, a Milano; g) il secondo «ritrovamento» del 1990; h) la polemica della «manina» e della «manona» tra Craxi e Andreotti; i) un problema metodologico. Il tema e il ruolo delle note all'interno di un'opera a carattere storico; l) il concetto di verità storica; m) il tentativo di far sì che la ricerca sia un momento di formazione dell'opinione pubblica; n) lo studio sul come funzionino le istituzioni democratiche sotto l'attacco del terrorismo politico; o) le fotocopie di manoscritto «osservate, censurate e ricollocate» al loro posto; p) una prova storica e logica; q) «gli originali degli scritti? Le Br se ne sono privati»; r) «un ostaggio che muore e gli originali delle sue carte che scompaiono»; s) il pianto di Bonisoli durante «La notte della Repubblica»; t) «un deserto attraversato da una intera generazione»

[450] Torture ai Br del caso Dozier. Parlano Frascella, Libera e Persichetti
23/12/2025 | 1 h 8 min
Diventa un supporter di questo podcast: clicca qui.➨ Iscrivetevi al nostro canale Telegram: clicca quiCon il presente contributo proponiamo due deposizioni processuali e un’intervista radiofonica. Le deposizioni (Padova, 1983) sono riferibili alle brigatiste Emanuela Frascella ed Emilia Libéra, chiamate a ricostruire la propria versione dei fatti in relazione al blitz del NOCS che, il 28 gennaio 1982, portò alla liberazione del generale statunitense James Lee Dozier e all’arresto dei militanti B.R. coinvolti nel sequestro. L’intervista radiofonica, trasmessa nel 2011 su Radio Onda Rossa, è invece a Paolo Persichetti, saggista ed ex militante dell’Unione dei Comunisti Combattenti.1) «Volevano sapere nomi di battaglia e identità»; 2) «Sentivo gli altri urlare"; 3) «L'accento di chi picchiava? Secondo me era romano»; 4) «Ci minacciavano che ci avrebbero ammazzati»; 5) «Dicevano che Ciucci era morto»; 6) «Spesso riuscivo a identificare le voci degli altri»; 7) «I maltrattamenti? Hanno inciso su dei problemi che già c'erano rispetto alla linea politica dell'organizzazione»;8) «Le domande? Erano inutili, perché sapevano chi eravamo»; 9) «Sentivo la Frascella urlare»;10) Poliziotto «buono» e poliziotto «cattivo»; 11) «Savasta? M'era preso un mezzo attacco isterico»;12) Sul «professor De Tormentis»; 13) Sui «divulgatori della tortura moderna».

[449] «Sono un vecchio fascista degli anni 70». Speciale Massimo Carminati
19/12/2025 | 58 min
Diventa un supporter di questo podcast: clicca qui.➨ Iscrivetevi al nostro canale Telegram: clicca quiCol presente contributo proponiamo cinque deposizioni di Massimo Carminati. Nel primo estratto (Roma, 1996) Carminati depone nel corso di un'udienza del processo alla Banda della Magliana, affermando di aver conosciuto in maniera approfondita soltanto Franco Giuseppucci, di non aver partecipato all'agguato Marchesi-Parenti e di non sapere nulla delle armi custodite al Ministero della Sanità.Nel secondo estratto, ancora nel corso del processo alla Banda della Magliana, Carminati si confronta in aula con Maurizio Abbatino, che lo accusa di aver preso parte all'agguato Marchesi-Parenti (nell'ambito della faida per vendicare la morte di Giuseppucci) e aver avuto accesso a un deposito di armi presso il Ministero della Sanità. Carminati nega ogni addebito e verrà assolto dall'accusa del tentato omicidio Marchesi-Parenti grazie all'alibi del suo ricovero presso l'Ospedale Militare Celio.Tra i temi toccati durante le deposizioni: 1) «Mi ricordo di aver conosciuto abbastanza bene esclusivamente Giuseppucci. I rapporti erano personali, non di gruppo»; 2) «Avevamo amicizie e interessi differenti»; 3) «L'accusa di far parte dei servizi segreti deviati? E' quella che mi fa più male»; 4) «Sicilia e Abbatino? Li ho conosciuti dopo l'81 o 82, in carcere»; 5) «De Pedis? Può essere che l'ho incontrato da qualche parte in carcere»; 6) «Maragnoli? Era una frequentazione di bar"; 7) «Banda della Magliana? E' una definizione giornalistica»; 8) «I rapporti con De Tomasi? La mia famiglia vendette una gioielleria. Fu acquistata nell'89-90 dal cognato o nipote»; 9) «Droga? Non l'ho mai trattata»; 10) «Negli ultimi anni, tra ricoveri ospedalieri e altro, non ho proprio avuto lo spazio fisico per una attività lavorativa»; 11) «Le condizioni economiche della mia famiglia? Agiate»; 12) «Tu hai venduto carne a peso»; 13) «Il nero di Romanzo criminale? Mi prendevano in giro. Sono diventato una macchietta»; 14) «La katana che mi hanno regalato? Serve a sfilettare i tonni»; 15) L'analisi della «katana» regalata a Carminati; 16) «Sono un vecchio fascista degli anni Settanta»; 17) «Sono sempre stato ostile al traffico di stupefacenti»; 18) «E' più facile che trovino droga nelle tasche di chi mi pedina, che nelle mie»; 19) «Scamarcio e Romanzo Criminale? Chi mi conosceva, sapeva che quello era un argomento che non andava toccato»; 20) «Michele Senese? Lo conosco benissimo. Ci ho fatto tre o quattro anni a Rebibbia. E quando esce, lo vado a salutare».

[448] Speciale Adriana Faranda
16/12/2025 | 37 min
Diventa un supporter di questo podcast: clicca qui.➨ Iscrivetevi al nostro canale Telegram: clicca quiCol presente contributo, proponiamo due deposizioni di Adriana Faranda. La prima è riconducibile a una udienza del maxiprocesso alle Br per insurrezione (anno 1989). La seconda, al processo Moro quinquies (anno 1996) nella quale l'ex brigatista parla dell'uccisione dell'onorevole Aldo Moro. Classe 1950, originaria di Tortorici (Messina), dopo un primo percorso in gruppi della sinistra armata, attivi a Roma, nella prima metà degli anni Settanta, Faranda entra nelle Brigate rosse, assieme a Valerio Morucci, nell'estate del 1976. I due svolgono un ruolo importante e controverso durante i drammatici giorni del sequestro Moro, per poi abbandonare l'organizzazione nelle prime settimane del 1979 ed essere arrestati nel maggio dello stesso anno. In qualità di dissociata, Faranda beneficerà in seguito degli sgravi di pena previsti dalla legislazione premiale antiterrorismo introdotta in Italia negli anni Ottanta. Tra i temi toccati durante le deposizioni: 1) «Partecipando a Potere operaio ritengo di avere perseguito un fine rivoluzionario così come tutti gli appartenenti ai gruppi extraparlamentari nati attorno al 68-69»; 2) Dall'impegno «politico effettivo come militante» al «proponimento di lotta armata»; 3) «I progetti rivoluzionari nati alla sinistra del Pci? Non vennero mai sostanziati»; 4) «Non ho mai fatto parte di strutture direttive, in Potere operaio»; 5) «Il fine delle Br? Sovvertire lo Stato e instaurare una dittatura del proletariato come detto e ripetuto in tutti i documenti brigatisti»; 6) «L'insurrezione in una società capitalistica avanzata? E' impensabile e illusoria»; 7) La lotta armata «come unica strada possibile»; 8) Sul superamento della «propaganda armata»; 9) «A un certo punto si cominciò a portare avanti delle azioni armate per la sopravvivenza stessa della organizzazione»; 10) «Era ovvio che se fosse andata male tutta l'operazione, Moro sarebbe stato ucciso. Però era una eventualità che si tendeva a evitare»; 11) «L'8 maggio, in una riunione in via Chiabrera, venne detto da Moretti che sarebbe stato ucciso nel garage di via Montalcini»; 12) «Mi assumo io la responsabilità», disse Moretti; 13) «L'uomo di copertura? Si decise sarebbe stato il quarto uomo, Maccari»; 14) Sul «trasbordo"» e l'arrivo nei pressi «di piazza del Gesù»; 15) «Era previsto l'uso della Skorpion silenziata. Venne detto che era più sicura, perché a raffica»; 16) «Di copertura? Una calibro 9, silenziata».

[447] Speciale Moby Prince
12/12/2025 | 4 h 20 min
Diventa un supporter di questo podcast: clicca qui.➨ Iscrivetevi al nostro canale Telegram: clicca quiCol presente contributo, di quasi quattro ore e mezza complessive, proponiamo un approfondito focus sul disastro del Moby Prince, avvenuto il 10 aprile 1991, davanti al porto di Livorno. La prima registrazione, risalente al 25 luglio 2019, Senato della Repubblica, Palazzo della Minerva, documenta la presentazione del volume «Il caso Moby Prince. La strage impunita», di Francesco Sanna e Gabriele Bardazza.La seconda registrazione, risalente al 31 marzo 2016, documenta una seduta della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince e reca l'Audizione di Enrico Fedrighini, giornalista e autore del volume «Moby Prince: un caso ancora aperto». La terza e ultima registrazione, risalente al 24 gennaio 2018, Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, documenta la Presentazione della relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta (2015-2018) sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince. Tra gli altri, segnaliamo gli interventi di Angelo Chessa e Loris Rispoli, in rappresentanza dei parenti delle vittime del disastro.Tra gli argomenti toccati durante la prima registrazione: 1) Il tema delle «cose non vere» dette e scritte sul caso Moby Prince; 2) «Che cosa avvenne di inconfessabile nella rada di Livorno» quel 10 aprile 1991?; 3) Un caso «volutamente nascosto dai più importanti media»; 4) Il lavoro di una Commissione «che ha storicamente ribaltato il caso Moby Prince»; 6) «Non è vero che fu la nebbia la causa della collisione»; 7) «Non è vero che fu colpa dell'equipaggio e del comandante Chessa»; 8) «Non è vero che le persone» all'interno della nave «morirono tutte nell'arco di trenta minuti»; 9) Il tema del disinteresse, anche attuale, mostrato dai grandi media sulla vicenda e i lavori della Commissione; 10) «Perché i soccorsi non partirono per tempo?»; 11) «Lì c'è stata una omissione di soccorso»; 12) «L'equipaggio distratto dalla partita? Una post-verità nazionalpopolare abilmente costruita»; 13) «Arriverà qualche querela? Macché...»; 14) «Com'è possibile che uno Stato abbia abdicato alle sue funzioni di sicurezza e all'accertamento della verità?»; 15) Le parole «tombali» contenute nella richiesta di archiviazione della Procura di Livorno (2010); 16) Il tema delle navi militarizzate americane che «non aiutarono i soccorsi»Tra i temi toccati durante la seconda registrazione: 1) «Nessuno sapeva, quella sera, di essere registrato»; 2) «La nebbia? Non c'era, né prima né dopo» il disastro; 3) «Al momento della collisione la visibilità era perfetta»; 4) Le testimonianze degli ufficiali Thermes e Olivieri; 5) «Non è stato adottato alcun piano di soccorso». Il caso del capitano Roffi; 6) Il «canale riservato»; 7) «La prima cosa che succede» in rada a Livorno «è la fuga dal punto in cui c'è stata la collisione»; 8) La «misteriosa» nave Theresa; 9) «Le registrazioni radar? Nemmeno un banco di triglie sarebbe passato inosservato quella sera»; 10) «Querele? Non ho mai avuto alcun tipo di problema»; 11) «Difficile pensare a errori a catena che vanno tutti in una direzione specifica»; 12) Il «video Canu» e «il taglio-giunzione fatto in modo non professionale»; 13) Il tema dei mancati soccorsi; 14) Sulla «troppa fretta» usata per chiudere la vicendaTra gli argomenti toccati durante la terza registrazione: 1) Un puzzle da scomporre e ricomporre aggiungendo le (tante) tessere mancanti; 2) «La nebbia non c'era. Tutte le persone audite dalla Commissione, presenti prima dell'impatto, sulla costa e in mare, non confermano minimamente la nebbia»; 3) Sulla posizione della petroliera Agip Abruzzo; 4) «Se non è stata la nebbia, cos'è stato a generare l'impatto?»; 5) I video Canu e D'Alesio; 6) «Quella notte potevano esserci delle bettoline in giro»; 7) Il tema del «timone bloccato a 30°»; 8) «Le navi sono rimaste incastrate per più di cinque minuti»; 9) «La petroliera? Ha richiamato su di sé i soccorsi»; 10) L'emergenza a bordo; 11) «La Moby Prince non è stata cercata, è stata trovata casualmente»; 12) Quando la nave è stata trovata «non c'è stata una azione» per tentare «di spegnere il fuoco, si è subito rinunciato»; 13) Il tema della sopravvivenza a bordo. «Non è scientificamente possibile dire che siano morti tutti nel giro di mezz'ora»; 14) «La perizia medico-legale? Fu fatta solo per riconoscere le vittime, non per analizzare le cause della morte»; 15) Il superstite; 16) La provenienza della petroliera; 17) «Il carico della petroliera? L'ispezione non è stata permessa»; 18) Il tema degli accordi assicurativi; 19) Il percorso giudiziario; 20) «Non condividiamo le sentenze»Senato della Repubblica, reperto rilasciato con licenza Creative Commons 3.0



Spazio 70