Uonna. L’avanguardia restiamo ancora noi
Daniela Amenta al Uonna ho fatto mille cose, ma mai il dj. Vuole provarci stavolta, raccontandovi una storia, quella di un luogo memorabile che era una missione. Via Cassia 871, periferia Nord, in culo al demonio. Al Uonna non ci passavi, all’ Uonna ci andavi, volevi andarci. Ti sobbarcavi il viaggio di andata e soprattutto quello improbabile, del ritorno, alle 4 del mattino senza autobus notturni.Uonna, né uomo, né donna, il locale più di culto di tutta una città, Roma che sul finire degli anni 70 inizio anni 80 usciva dalla cappa di piombo e voleva fare casino, innamorarsi, trovare la sua tribù, ballare fino allo sfinimento. Uonna era una missione, a mission in life, grazie ad Amerigo Brodolini, una specie di padre, quello che non avevamo in casa. Ce le passava tutte lui, ci capiva al volo. Uonna. Né uomo, né donna. La fluidità prima che fosse permessa e cavalcata, come accade oggi. Così avanti questo anarchico che si inventò un'altra Roma, ai bordi estremi della città.Roma finalmente usciva dal Colosseo e si prendeva le piazze, i marciapiedi, i tunnel della metro, alzava i decibel a palla con i Klaxon, i Garcon Fatale, i Fasten Belt, i Cyclone, gli Style Sindrom, i Carillon di Paolo e i Bloody Riot che suonarono a Natale senza panettone. ùEd eccoci qua ora, stasera, noi la tribù del Uonna che è stato chiuso 33 anni fa, una vita.Noi siamo quelli che non archiviano, noi siamo il presente senza futuro, siamo l’eterno carnevale quando è Quaresima. L’avanguardia restiamo ancora noi. Noi che nel 1979 avevamo 20 anni, oggi appena 18 e abitiamo sempre in via Cassia 871.