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  • Il voto della maggioranza? Condannò a morte Gesù!
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8141IL VOTO DELLA MAGGIORANZA? CONDANNO' A MORTE GESU'! di Fabrizio Porcella La lettura della Passione ci ha presentato, anche quest'anno, la celebre offerta di Ponzio Pilato alla folla: Chi preferite, Gesù o Barabba? Confrontarsi con Cristo è sempre impegnativo per la mente umana; diciamo che è anche disturbante, perché ci obbliga a schierarci: o con Lui o contro.Ma se scegliamo Lui, allora ci sono delle conseguenze: tutta la mia vita cambia, le mie decisioni, le mie preferenze. Anche le mie comodità rischiano di saltare, e a nessuno di noi piace farsi cambiare la vita da un altro, neppure se quest'Altro dice di essere Dio! "Se liberi costui, non sei amico di Cesare!", berciava la folla in faccia al magistrato romano.Immaginiamo che cosa può essere passato nella mente di Pilato: una denuncia all'Imperatore contro di lui, una rimozione, un trasferimento o peggio... No, no, facciamo scegliere alla gente... del resto la maggioranza vince, è un principio di civiltà, no?Ecco, possiamo definire Ponzio Pilato il fondatore del liberalismo (che tante sofferenze darà alla Chiesa nei secoli). Si lascia la Verità al gioco dei numeri, delle decisioni plebiscitarie; e Gesù ha perso quel voto, il primo di una lunga serie di sconfitte democratiche che il mondo "civilizzato" avrebbe inflitto alla cristianità.Siamo sinceri: anche diversi cattolici contemporanei vorrebbero che fossero le maggioranze a decidere sulle grandi questioni che agitano il nostro oggi; vorrebbero che su Gesù Cristo e le Sue esigenze fossero i numeri a decidere. E se la Verità insegnata dalla Chiesa si trovasse in minoranza... pazienza, ci sarà sempre un Barabba pronto a prendere il suo posto.L'importante è non dispiacere alla maggioranza, giusto? Signore, abbi pietà di noi ! Signore, liberaci dalla tirannia di piacere agli altri!Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "La politica alla Lavanda dei piedi" spiega che anche quest'anno la politica è entrata nella liturgia del Giovedì Santo, snaturando il senso spirituale ed ecclesiale della lavanda dei piedi. Il caso più eclatante a Napoli, dove il cardinale Battaglia ha lavato i piedi a un attivista Lgbt.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 19 aprile 2025:L'arcivescovo di Napoli, il cardinale Domenico Battaglia, durante i riti del Giovedì Santo, ha lavato i piedi ad un attivista per i diritti LGBT, ossia per la parità di tutti i generi, ben oltre quelli naturali di maschio e femmina. Qualcosa di analogo anche al canto del Te Deum di fine anno 2024, quando il cardinale aveva invitato un gruppo di attivisti LGBT ad esporre le proprie iniziative. Quello di ieri l'altro è stato un nuovo atto politico, se non di politica partitica, senz'altro di politica ecclesiastica secondo il nuovo indirizzo "dentro tutti".Che la politica entri ormai anche nella liturgia del Giovedì Santo disturba non poco. Tra l'altro, in questo caso si trattava di un attivista. Se il messaggio era di dire che la Chiesa è a servizio dei poveri, di tutti i poveri, anche di coloro che soffrono per la situazione difficile in cui si trovano, la presenza tra i "dodici apostoli" di un attivista che vuole cambiare cultura e leggi del nostro Paese in contrasto con quanto dice la ragione e la rivelazione è stato sicuramente fuori luogo. Inserendo un attivista, era evidente che si chiamava in causa la lotta politica per questi scopi. Qui la sfumatura politica esula perfino dall'ecclesialese e raggiunge il politichese vero e proprio.Ammesso e non concesso che sia un bene inserire nella lavanda dei piedi, di volta in volta, categorie sociali "disagiate", perché non si mette mai qualcuno di coloro che sono stati incarcerati per aver pregato, perfino in silenzio, perché Dio ci salvi dalla piaga dell'aborto? Perché non lavare i piedi ad uno o una che ha deciso di rimanere fedele al coniuge nonostante la separazione da costui o costei voluta? Oppure a qualcuno che ha dato la vita per salvare altre vite dal suicidio? Quando si scende a lavare i piedi alle singole situazioni di vita, è logico che si deve selezionare, correndo il rischio di discriminare. Soprattutto oggi si corre il rischio di andare solo in un senso, quello del vento dominante e così il rito diventa propaganda ecclesiale.Nel 2016 - allora il prefetto del Culto divino era il cardinale Robert Sarah - papa Francesco aveva cambiato il rito della Missa in Coena Domini, stabilendo che si potessero lavare i piedi anche di «uomini e donne, e convenientemente di giovani e anziani, sani e malati, chierici consacrati, laici». Anche il numero poteva non essere più il 12, ma sarebbe bastato "un gruppetto". Si trattava di una piccola variazione, ma significativa perché ci si allontanava dall'adesione a quanto era avvenuto secondo i Vangeli. Francesco stesso lavò i piedi ad alcuni richiedenti asilo, molti dei quali di altre religioni. La stampa non si lasciò scappare l'occasione di chiamare quella scelta una scelta politica. C'è poi quell'avverbio "convenientemente". Non chiunque, sembra di capire. Sia nel caso dei richiedenti asilo sia ora in questo caso dell'attivista LGBT, non sembra che il senso di quell'avverbio sia stato rispettato.La lavanda dei piedi ai dodici apostoli assume un significato spirituale ed ecclesiale. La lavanda dei piedi a soggetti che rientrano in categorie politiche ne assume uno sociale e politico. Il tutto lascia pensare che il cristianesimo sia comunque ridotto a una forma di assistenza sociale e di lotta ai disagi.
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    6:17
  • I monaci benedettini di Norcia: custodi del gregoriano e della birra
    VIDEO: I monaci di Norcia ➜ https://youtu.be/vVT1yzNXGUYTESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8125I MONACI BENEDETTINI DI NORCIA: CUSTODI DEL GREGORIANO E... DELLA BIRRA di Andrea Galli Grande festa oggi sulle colline appena fuori Norcia, in via Case Sparse. La comunità dei benedettini che lì risiede rende grazie per tre traguardi raggiunti. In primis i 25 anni di vita: la comunità fu fondata nel 1999 a Roma, dove ebbe i suoi inizi avventurosi prima di approdare fra i monti Sibillini. Poi la fine del restauro del complesso monastico, un antico convento dei cappuccini, dove i monaci si sono trasferiti dopo il terremoto del 2016 che ha distrutto il loro precedente monastero, contiguo alla concattedrale di Norcia. «Avevamo già comprato l'edificio e il terreno dalla diocesi, nel 2007 - spiega dom Benedetto Nivakoff - perché cercavamo un posto più tranquillo e silenzioso rispetto al centro di Norcia, ma il sisma ci ha costretti ad accelerare i nostri progetti». Infine l'elevazione canonica di quello che era tecnicamente un priorato benedettino e dallo scorso 25 maggio è un'abbazia, l'Abbazia di San Benedetto in Monte. Tre traguardi che insieme significano il ritorno pieno, ufficiale e stabile dei figli di san Benedetto nel luogo dove nacque il loro padre e padre del monachesimo d'Occidente, ma da dove gli ultimi benedettini se n'erano andati nel lontano 1810, a causa delle leggi napoleoniche, lasciando un vuoto che è stato riempito solo due secoli dopo, poco meno. A dimostrazione che le radici cristiane dell'Europa e anche delle nostre terre quando sembrano sofferenti, o financo morte, con la giusta linfa si possono riprendere più prontamente di quanto si pensi.La linfa in questo caso è arrivata tramite un religioso statunitense, Cassian Folsom. Nato nel 1955 a Lynn, nel Massachusetts, fattosi benedettino nell'abbazia di Saint Meinrad, nell'Indiana, padre Folsom venne in Italia per approfondire gli studi di liturgia e tra il 1997 e il 2000 ricoprì la carica di vice-rettore del Pontificio ateneo Sant'Anselmo (dove tuttora insegna). Nel 1995, mentre era su un treno diretto a Napoli, aveva avuto però l'ispirazione per un progetto extra accademico, ossia dar vita a una comunità che riprendesse il carisma e lo stile originario dell'ordine benedettino. La fondazione avvenne appunto a Roma nel 1999. Padre Folsom e tre benedettini americani si sistemarono in un piccolo appartamento nella capitale, con una stanza adibita a cappella. Nel 1999 la Santa Sede concesse loro l'approvazione canonica e nel 2000 si manifestò la possibilità di insediarsi a Norcia. Nel 2001 un estimatore di padre Folsom, il cardinale Joseph Ratzinger, si recò in Umbria per celebrare con lui e i suoi confratelli la festa di san Benedetto: per tutti una conferma speciale del cammino intrapreso.«Oggi siamo venti monaci - spiega dom Nivakoff, originario di New York, eletto abate lo scorso 28 maggio - provenienti da dieci Paesi: Italia, Stati Uniti, Germania, Polonia, Portogallo, Gran Bretagna, Brasile, Indonesia, Slovenia e Canada. L'età media è di 30 anni». L'eterogeneità delle nazionalità si deve anche al fatto che all'abbazia arrivano pellegrini, turisti e curiosi da diverse parti del mondo, spesso approfittando di vacanze o viaggi di studio in Italia.Il ritorno alle origini del carisma si riflette nella scelta liturgica fondativa - il rito benedettino antico - in una vita di preghiera particolarmente esigente - sveglia alle 3,30 ogni mattina - e nel recupero degli antichi digiuni dell'ordine - un solo pasto al giorno tra il 15 settembre e il tempo di Pasqua. Ora et labora. Per quanto riguardo il labora, tra l'altro i monaci di Norcia hanno elaborato da una decina d'anni la Birra Nursia, che porta come motto Ut laetificet cor, il prodotto con cui cercano di essere autosufficienti e che si inserisce in una tradizione gloriosa di birre monastiche. «Ora che abbiamo completato il restauro del monastero - chiosa dom Nivakoff - potremo dedicarci con più impegno alla nostra birra, cercando anche di farla conoscere meglio». [...]Nota di BastaBugie: l'articolo dal titolo "Nursia, la birra dei monaci di Norcia vince tre volte" racconta come la birra dei monaci di Norcia sia diventata così apprezzata nel mondo.Ecco l'articolo completo pubblicato sul Sito del Timone il 3 aprile 2025:La prima sede di Birra Nursia, situata accanto alla Basilica di San Benedetto a Norcia, è stata resa inagibile dai terremoti del 2016. Ma i discepoli di San Benedetto che vivono nella sua città natale non hanno mollato il loro "pane liquido", come veniva chiamata la birra nei monasteri durante i periodi di digiuno.Ed ora, che vivono nel ristrutturato monastero di San Benedetto in Monte, da poco elevato ad Abbazia, si godono i premi che la loro Birra Nursia ha raggiunto. Untappd, la più rilevante community al mondo nel settore delle birre artigianali, ha premiato Birra Nursia Tripel con la medaglia d'oro come migliore Belgian Tripel italiana, Birra Nursia Bionda con l'argento come seconda Belgian Blonde del Paese e Birra Nursia Extra, già considerata "imperdibile" da Slow Food, con il bronzo come terza Belgian Strong Dark Ale prodotta nello Stivale. Questi riconoscimenti arrivano in occasione degli Untappd Community Awards e si basano su migliaia di recensioni offerte da esperti e appassionati di birra.Birra Nursia è prodotta dal 2012 dai monaci benedettini di Norcia e le sue tre ricette sono state sviluppate nel solco dell'antica tradizione birraria monastica belga. La sua lavorazione avviene con metodi artigianali, attraverso un processo lungo e attento e facendo uso di ingredienti selezionati tra cui il malto umbro. Dopo il terremoto del 2016 è iniziata un'amichevole collaborazione tra la comunità benedettina e Mastri Birrai Umbri. Affinché Birra Nursia potesse continuare a essere apprezzata in Umbria, in Italia e all'estero, il birrificio di Gualdo Cattaneo ha offerto ai monaci di utilizzare i suoi impianti, a una sola condizione: che fossero i monaci stessi a produrre la birra, per garantire l'autenticità del prodotto e il rispetto delle ricette originali.«Birra Nursia», dice Dom Agostino Wilmeth, monaco dell'Abbazia di San Benedetto in Monte e mastro birraio di Birra Nursia, «è nata dall'idea che una buona bevanda potesse accompagnare le prelibatezze gastronomiche di Norcia, conosciute in tutto il mondo. La nostra birra sostiene la vita dell'Abbazia ma contribuisce anche all'economia della città, che ha tanto sofferto nell'ultimo decennio. Vorremmo condividere simbolicamente questi premi con tutti i nursini: la qualità e la tradizione sono valori forti nella Regola di San Benedetto e qui a Norcia, e Birra Nursia li ha ricevuti in eredità».
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    8:36
  • Messico, barriere di donne per difendere le chiese
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8121MESSICO, BARRIERE DI DONNE PER DIFENDERE LE CHIESE DAGLI ASSALTI FEMMINISTIUn appuntamento drammaticamente abituale per attacchi vandalici e aggressioni a danno delle chiese cattolichedi Paola Belletti L'8 marzo in America latina era diventato un appuntamento drammaticamente abituale per attacchi vandalici e aggressioni a danno delle chiese cattoliche. Autori degli atti tanto gravi e per giunta non inediti? Delle donne. In un precipizio ideologico che ha fatto dell'aborto il simbolo, la vetta e la sintesi della liberazione delle donne secondo certo femminismo, si legge su Lifesitenews, «le femministe di tutta l'America Latina hanno ormai fatto della tradizione di scatenare rabbia e odio contro le chiese cattoliche in occasione della Giornata internazionale della donna, vandalizzandone i santuari e in alcuni casi attaccando violentemente le infrastrutture. Qualche anno fa, gli agenti di polizia che sorvegliavano una chiesa cattolica a Salta, in Argentina, sono stati picchiati da una folla femminista e uno è stato portato in una clinica sanitaria d'urgenza per le cure, secondo Radio Station Cadena 3».Sabato scorso, però, in Messico altre donne hanno messo in atto una robusta e pacifica difesa delle chiese, per difenderle dagli assalti violenti delle femministe. A Guadalajara, come documentano alcuni video, si vede una catena di donne che, tenendosi per mano intorno al perimetro dell'edificio sacro, forma una barriera umana per impedire che le intenzioni degli aggressori, anzi visto che il femminile in questo caso esiste è il caso di specificare: delle aggreditrici, arrivassero al loro malevole fine.«Sia la chiesa di Nostra Signora del Carmen che la cattedrale metropolitana erano protette da barriere umane, ha riportato il quotidiano messicano locale. (...) Le dimostranti femministe che hanno marciato sabato portavano cartelli con la scritta "Il mio corpo, la mia scelta", ma quest'anno El Occidental non ha segnalato episodi di violenza o vandalismo». Solo due anni fa, sempre alla stessa data che dovrebbe essere occasione condivisa di promozione per una vera emancipazione della donna, il Messico era stato il paese dell'America latina che aveva registrato il maggior numero degli episodi di violenza.Come riporta un articolo di Nca all'epoca dei fatti «nella capitale del paese, Città del Messico, i manifestanti hanno attaccato la cattedrale metropolitana situata in Constitution Plaza. Di fronte alle recinzioni che proteggono la chiesa, hanno optato per abbattere un semaforo lì vicino. Nelle immagini condivise dai media locali, si vedono diverse donne colpire parte della recinzione nel tentativo di distruggerla, mentre la polizia cerca di disperderle sparando gas lacrimogeni». Fatti simili erano avvenuti anche a Puebla, città a sud est della capitale, dove le femministe hanno cercato di distruggere le statue degli angeli di fronte alla cattedrale. Stessa sorte per Mérida dove gli gruppi femministi hanno imbrattato i muri della cattedrale di sant'Ildefonso dello Yucatán: uno dei graffiti recitava a grandi caratteri il messaggio "Abort the Church", Abortire la Chiesa.L'elenco non si esaurisce qui, altri assalti hanno colpito la polizia e i fedeli che proteggevano la chiesa di El Beaterio a Xalapa e tra gli slogan urlati e ripetuti c'erano "Togliete i vostri rosari dalle nostre ovaie" e "Morte ai pro-life". Tutti atti emblematici del pacifismo e della tolleranza che contraddistinguono il femminismo nella sua espressione più recente, così come la resistenza ferma ma pacifica delle donne che si sono messe a protezione delle chiese mostra un altro volto, un altro modo di essere donna e di promuovere la vita, la verità e la vera liberazione che è e resta, alla fine, solo quella dal peccato, di cui è perenne dispensatore solo Cristo.
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    5:02
  • La miracolosa storia dell'Unitalsi
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜  https://www.bastabugie.it/8112LA MIRACOLOSA STORIA DELL'UNITALSI CHE PORTA A LOURDES 40MILA MALATI ALL'ANNOUn giovane a Lourdes nel 1903 minacciò il suicidio se non fosse stato guarito dalla Madonna... ma accadde l'impensabiledi Francesco De Sanctis C'è un treno bianco che, silenzioso, percorrendo le Alpi, porta i malati in pellegrinaggio a Lourdes. Tutti lo vedono, pochi però sanno che ogni passeggero ha una storia da raccontare. Una storia di sofferenza, di lacrime, di pianti, di fede perduta e poi ritrovata. Ogni storia ha però un "comun denominatore": la speranza di un miracolo, l'abbandono fiducioso nella Mamma celeste, Lei sola che può asciugare tutte le lacrime del mondo.Ora il treno è partito, e decine e decine di malati andranno a pregare l'Immacolata nel bellissimo santuario di Lourdes. Tutti conoscono l'UNITALSI (Unione Nazionale Italiana Trasporto Malati a Lourdes), ma non molti sanno però che la sua genesi è dovuta ad un singolare miracolo della Madonna. Un giovane ammalato, esasperato dal dolore, aveva gridato, davanti alla grotta di santa Bernadette: «O la Madonna a Lourdes mi guarisce, oppure là, dinanzi al suo santuario mi uccido!».Egli chiedeva un intervento dall'alto, supplicando la Madonna stessa di guarirlo. Cosa accadde in seguito?Nel 1903 fu organizzato un pellegrinaggio nazionale a Lourdes, diretto da monsignor Radini Tedeschi, vescovo di Bergamo. Viaggiavano per proprio conto quattro ammalati, uno dei quali attirava l'attenzione per la sua figura. Era un giovane romano di circa 30 anni, dal viso pallido, dallo sguardo truce. Il suo comportamento, il suo fare sprezzante ed altero allontanavano da lui quella naturale e spontanea simpatia, che ogni anima cristiana sente verso un infelice. Solo a guardarlo negli occhi si capiva che quel poveretto doveva sostenere dentro di sé una lotta terribile, che poteva volgere al tragico. Ma la Vergine vegliava amorosamente su quel giovane. Avrebbe Essa permesso che ai suoi piedi, un suo figlio, in un momento di follia... di disperazione, mandasse ad effetto il suo triste disegno?Il 2 settembre era il giorno stabilito per il ritorno in Italia. Una giornata triste. Dopo un ultimo commovente saluto alla grotta, i pellegrini si affrettarono alla stazione. Nell'attraversare i binari, dentro una carrozzella, giaceva il giovane pallido, sfinito dal male; ma il suo sguardo questa volta era lieto e sereno. Era così trasformato che quasi non sembrava lui. Invece era lui, proprio lui: il giovane malato che poco prima aveva minacciato il suicidio ora appariva trasfigurato e guarito nell'anima. Aveva gettato via la rivoltella con cui voleva togliersi la vita. Lasciamogli però la parola: «Sono venuto a Lourdes deciso a porre fine ai miei giorni con un colpo di rivoltella qualora non avessi ottenuto la guarigione. Iddio ha disposto altrimenti ed un sorriso della Vergine è bastato a mutarmi. Mi sento rassegnato, mi sento felice nella mia infelicità e voglio dedicare le mie deboli forze per onorare la Madonna».Quel giovane, Giovanni Battista Tommasi, mantenne la parola. Tornato a Roma, manifesto a monsignor Radini Tedeschi l'idea di fondare "L'unione Nazionale Italiana Trasporto Malati a Lourdes". Monsignor Radini accettò l'idea, l'aiutò, l'assecondò ed in breve tempo sorse in Roma l'associazione. Il giovane ne fu non solo il fondatore, ma il primo presidente per parecchi anni.Oggi l'UNITALSI porta ogni anno a Lourdes circa 40mila pellegrini in risposta all'appello della Vergine alla piccola Bernadette: «Si venga qui in processione». Così è stato e sempre sarà. Ogni anno migliaia di persone si mettono in cammino verso Lourdes, con il loro carico di dolore e di fede, di speranza e di carità. Tanti si convertono e cambiano vita. Tanti tornano a casa con il cuore trasformato dall'azione materna dell'Immacolata.Cerchiamo anche noi un treno bianco e saliamoci su. Anche se solo con l'intenzione, andiamo pellegrini a Lourdes perché, in un certo senso, anche noi siamo malati, se non nel fisico nell'anima. Chiediamo all'Immacolata di sanare prima di tutto le nostre piaghe spirituali e alla grotta santa supplichiamola di trasformarci, di renderci nuove creature, di darci l'unica cosa veramente importante in questa vita: non la sanità del corpo, ma la santità.
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    5:41
  • L'inutilità della evangelizzazione "di strada"
    TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8104L'INUTILITA' DELLA EVANGELIZZAZIONE ''DI STRADA'' di Don Stefano Bimbi Quando si parla di evangelizzazione molti sono convinti che la Chiesa nel passato si sia arroccata troppo nelle sue posizioni e nelle sue strutture mostrando alle persone un volto freddo e distante. Di conseguenza bisognerebbe evangelizzare, ma senza mettersi in contrasto con il mondo. La gente smetterebbe così di considerare la Chiesa come un posto pieno di rigidi moralisti che vogliono insegnarle cosa fare, inizierebbero a vederla come una realtà più vicina alla loro mentalità e la seguirebbero.Ma è così? Ovviamente no. Quando Gesù invia i settantadue discepoli dice riguardo a quelle case dove troveranno accoglienza: «Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra» (Lc 10,5-8).Restate in quella casa, altro che girare per le strade distribuendo volantini e improvvisando prediche! Eppure oggi ci sono sacerdoti ed educatori che coinvolgono giovani per la cosiddetta evangelizzazione di strada. Tempo fa un gruppo cattolico ha organizzato giornate al mare dove i ragazzi e le ragazze invitavano le persone a ballare con loro per cercare in qualche modo di convertirle. Due anni fa è diventato famoso per qualche giorno un sacerdote milanese, don Mattia Bernasconi, che ha celebrato in costume la Santa Messa su un materassino nel mare di Crotone. Sì, è vero che poi il suddetto sacerdote ha chiesto scusa sul sito della parrocchia, ma ci ha tenuto a precisare che «una signora mi ha ringraziato dicendomi che si era sentita raggiunta dalla Chiesa anche in spiaggia». Il bello è che lui ci crede davvero che sia così.Dov'è dunque l'errore di queste esperienze? Il problema è che manca all'evangelizzazione un requisito fondamentale: la stabilità. «Restate in quella casa» ricordava Gesù. Facendo la cosiddetta "pastorale da strada", cioè andando in giro ad attaccare bottone con persone a caso per parlargli di fede al massimo si potrà ottenere qualche domanda di curiosità, forse qualcuno dirà una preghiera, visiterà una chiesa o si confesserà, ma è praticamente impossibile suscitare conversioni profonde e durature.LE SANTE AMICIZIELo stesso errore lo fanno quei cristiani che, dimenticando che la spiritualità cristiana consiglia caldamente le sante amicizie, continuano a frequentare ordinariamente amici non cristiani giustificandolo con il fatto che ogni tanto gli parlano di fede. Quando gli fai notare che tutto questo non ha mai portato a nulla, cioè che nessuno di quegli amici si è mai convertito realmente, questi cristiani non rispondono all'obiezione, ma affermano che è bene rimanere lo stesso in questi gruppi per "dare testimonianza". Se San Benedetto avesse ragionato così, oggi non avremmo l'Europa come la conosciamo. Invece preferì allontanarsi dalla città perché lì gli era difficile cercare Dio. Fu così che fondò i monasteri per coloro che accorrevano a lui. E qual era il voto che richiedeva ai suoi monaci? Il voto di stabilità, cioè restare in quel luogo, come chiedeva Gesù nel brano ricordato all'inizio.Insomma quand'è che si ottengono conversioni, o almeno si ottengono molto più facilmente e in maniera più duratura e profonda? Questo accade quando c'è un gruppo di cristiani ferventi che attirano a sé nuovi membri in quello che è a tutti gli effetti una piccola società. Gesù ha scelto di fondare la Chiesa, cioè una società stabile di credenti. Gli apostoli compresero bene la lezione e infatti dovunque andavano ad annunciare il Vangelo fondavano comunità con a capo un presbitero perché si potesse vivere la fede comunitariamente. Queste comunità erano organizzate in tutti gli aspetti, un po' come dovrebbero essere oggi le parrocchie. Gli uomini hanno bisogno di essere inseriti in una comunità per raggiungere il bene, sia dal punto di vista naturale che soprannaturale. Il metodo della Chiesa per annunciare il Vangelo è sempre stato quello di stabilirsi in un posto raccogliendo tutte le persone di buona volontà e iniziando a fondare un nuovo tipo di società. Il resto è solo una conseguenza. Infatti all'interno delle comunità cristiane nascono amicizie, società lavorative, svaghi, cultura, matrimoni, ecc. Quando nascono i figli ci si pone il problema di come educarli e quindi i genitori, sotto la supervisione della Chiesa, daranno vita a scuole parentali.NON PUÒ RESTARE NASCOSTA UNA CITTÀ COLLOCATA SOPRA UN MONTEA questo punto non ci sarà più bisogno di andare in giro a dialogare con il mondo, ma saranno le stesse comunità cristiane che attireranno a sé tante persone. È il concetto che esprime Gesù quando paragona la Chiesa ad una città sopra un monte: «Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» (Mt 5,14-16). Sentendo dire che la Chiesa è una città sopra al monte si potrebbe pensare che è chiusa in sé stessa e che quindi non porti davvero il Vangelo a tutte le creature, ma non è così. La città sopra il monte è disposta ad accogliere tutti gli uomini del mondo, purché si sottomettano alle sue regole, abbandonino il mondo e si mettano umilmente fra le sue braccia. Ben venga il malvagio se si converte, altrimenti no perché non è giusto contaminare la comunità. Nemmeno il Padre misericordioso della famosa parabola va dal figlio prodigo, ma attende fino a quando questi non riconosce i suoi errori e solo allora lo riammette nella comunità.Tutto questo non sminuisce l'eccellente dedizione con cui i missionari hanno evangelizzato i cinque continenti in duemila anni di storia cristiana. Ma questi avevano ben chiaro che dovevano fondare comunità stabili, come ad esempio le riduzioni gesuite sviluppate nel Paraguay. Oppure San Damiano De Veuster che andò alle Hawaii nell'isola di Molokai dove avevano ghettizzato i lebbrosi. Rischiava la vita e infatti morì di lebbra con loro. Ma cosa fece nell'isola? Fondò una comunità cristiana strutturandola in tutti i suoi aspetti.In conclusione va detto che la Chiesa non potrà mai e poi mai scendere dal monte per fare un compromesso con la città degli uomini nel vano tentativo di accattivarsi più persone. E questo per un motivo semplice: la Chiesa non ha nessun bisogno del mondo perché il mondo non ha niente da offrire a chi ha Gesù Cristo. Piuttosto è il mondo ad avere un bisogno disperato della Chiesa e del suo divino Redentore. Le comunità cristiane, forti della rassicurazione di Gesù che ha detto «Non abbiate paura, io ho vinto il mondo» (Gv 16,33) non temeranno di testimoniare la loro Fede semplicemente vivendo il Vangelo e accogliendo tutti i figli prodighi che saranno alla ricerca di un po' di verità, di bontà e di bellezza. A chi dicesse che oggi non si trovano comunità cristiane come sono state descritte in questo articolo va ricordato che è tempo di tornare a fondarle. Altro che evangelizzazione di strada!
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    8:52

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